Esistono ben altri modi di fare impresa

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Simona

Lembi*

A una prima lettura delle parole di Elisabetta Franchi, imprenditrice e stilista, mi sono chiesta dove fosse la novità. Solo poco tempo prima, un imprenditore (uomo e canuto), esponeva bellamente in vetrina un annuncio: cercansi commesse 18enni libere da impegni famigliari. Perché indignarsi, mi sono chiesta, di una cosa che tutti sanno? Siamo il paese con l’indice di occupazione giovanile femminile più basso d’Europa, che sembra accettare che diventare genitore sia (solo) un fatto privato, che non dà valore al dolore profondo di una donna appena diventata madre che si dimette dal lavoro non, come dice la burocrazia, "volontariamente", ma perché non sa dove sbattere la testa tra poppate e timbrature di cartellini, tra pianti che tolgono il sonno e l’agenda del capo da riorganizzare la mattina dopo.

E poi ho riletto quell’intervento. Ed è diventato chiaro che quello della signora Franchi è solo un modo di fare impresa. Maria Luisa Rubbi, imprenditrice nel settore meccanico, non si limita a recitare il vecchio mantra "è il mercato che lo vuole". Si chiede come fare ad assumere lavoratrici. Simone Terreni, inserito fra i 100 Top Manager Italiani da Forbes ha assunto una donna incinta. Era la migliore per quel lavoro. Anche

Giorgio Armani la assume incinta e le manda i fiori alla nascita. Anche questo è fare impresa! In un modo che non mette in conflitto il diritto di fare impresa con quello di diventare genitore, ma che li fa dialogare. Il sistema non fa niente? La signora Franchi ha decisamente torto: abbiamo leggi, defiscalizzazioni, azioni per l’imprenditoria femminile. È vero: si tratta ancora di piccoli passi rispetto all’enormità della strada da percorrere. Ma è la direzione. Quella giusta.

*Pd, responsabile

Piano per l’Uguaglianza

in Città metropolitana

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