Bologna, 20 febbraio 2022 - C’è ancora molto da scavare, ma qualche punto fermo inizia a definirsi intorno alla scoperta choc, raccontata in esclusiva ieri dal Carlino, di una quarantina di barili con dentro feti e resti umani, trovati in un capannone della zona industriale di Granarolo. Resti conservati in formaldeide o paraffina, ma in pessimo stato, ormai alterati anche nel colore. Un fatto dovuto all’ossidazione, legata al tempo, molto lungo, trascorso in condizioni di conservazione non ottimali. E da questo fatto, unito alle dichiarazioni del personale del Sant’Orsola e degli altri testimoni ascoltati, sono partite le indagini che hanno portato fino agli scantinati di un museo anatomico dell’Università. Con tutta probabilità quello che, fino alla fine degli anni ’90, aveva sede proprio al padiglione 18 del Policlinico. Quell’edificio fu oggetto di un lunghissimo intervento di restauro, conclusosi circa tre anni fa. Ovviamente, per fare i lavori, era stato necessario prima sgomberare i locali.
Lo smaltimento
E qui nasce il nodo centrale di questa macabra storia, su cui la polizia sta indagando per ricostruire quella catena di responsabilità che ha portato ad abbandonare resti umani, seppur di un secolo fa e donati alla scienza, così. L’ipotesi di reato provvisoria mossa dalla Procura a carico del titolare del capannone, in attesa di definire in termini precisi la vicenda, è un reato legato all’illecito trattamento di rifiuti speciali. Il gestore del capannone, che si occupa di sgombero di magazzini e locali, potrebbe essere sentito nei prossimi giorni per chiarire se fosse o meno a conoscenza del contenuto dei barili. In un video, ripreso dal ragazzo che ha segnalato il macabro ritrovamento alla polizia, si sente l’uomo dire: "È dell’anatomia del Sant’Orsola... Non farlo vedere in giro".
Il sequestro
La sera di mercoledì, quando la polizia è arrivata nel capannone per verificare la segnalazione del robivecchi, scoperchiato uno dei barili gialli, che portavano sul fianco il simbolo dei rifiuti speciali biologici, ha immediatamente chiesto l’intervento dei vigili del fuoco del Nucleo Nbcr. Che dopo aver effettuato rilevazioni strumentali ha escluso rischi per gli operatori nel trasportare e maneggiare i fusti. Così, i barili con i resti umani sono stati posti sotto sequestro, come tutta l’area. Un sequestro convalidato subito dalla Procura.
L’università
Una storia che, iniziata in un passato relativamente lontano, coinvolge oggi l’Alma Mater, nelle cui disponibilità è il museo anatomico da cui sembra provenire il contenuto dei barili. L’università, in merito, ha specificato come "Al momento le indagini in corso non consentono una valutazione piena e chiara dell’accaduto e sconsigliano di pronunciarsi – ha commentato il rettore Giovanni Molari –, nel doveroso rispetto del lavoro svolto dagli inquirenti. Allo stesso tempo stiamo conducendo le opportune verifiche interne. Naturalmente io per primo ritengo indispensabile fare piena luce sulla vicenda e forniremo il pieno sostegno agli inquirenti". Una vicenda ancora offuscata da parecchi punti oscuri, considerato che per l’attività di smaltimento dei rifiuti speciali l’Unibo non agisce direttamente, ma conti su delle ditte specializzate che si occupano della gestione di rifiuti come quelli ritrovati nel capannone di Granarolo.
Il sindaco
"C’è un’inchiesta della Procura, attendiamo di saperne l’esito e verificheremo dal punto di vista amministrativo se quei barili potevano stare in quell’immobile e se l’azienda ha tutti i requisiti di legge", è il commento di Alessandro Ricci, il primo cittadino di Granarolo che segue con attenzione sgomento gli sviluppi di questa brutta vicenda. "Qualunque sia la provenienza – conclude il sindaco – non stiamo parlando di rifiuti ordinari".