Bologna, l’ultimo macchinista della Funivia: ''Nove anni su e giù da San Luca''

Giancarlo Bonaiuti, dipendente Sacef fino al 1976, si racconta: ''Ho portato intere generazioni''. Incontro e mostra al Meloncello

Un’immagine d’epoca della funivia di San Luca

Un’immagine d’epoca della funivia di San Luca

Bologna, 12 settembre 2018 - Giancarlo Bonaiuti chiude gli occhi. Con la memoria vola lassù, al banco di manovra della funivia di San Luca, in cima al colle. Il suo «ponte di comando» per sette anni, fino all’ultima corsa, nel 1976. Risente il clunk secco della manopola con cui, la mattina, dava corrente all’impianto; l’odore dell’olio rabboccato nel cuscinetto sull’albero motore; il trillo del campanello con cui, da valle, il capostazione dava il via libera alla partenza.

Bonaiuti ha lavorato per la Sacef, la società che gestiva la funivia, dal 1968 al 1976. Contratto equiparato a quello dei tranvieri. «Prima due anni come fattorino, su e giù dalle cabine: caricavo la gente e facevo i biglietti in vettura»: 700 lire andata e ritorno; 500 corsa semplice. Poi, quando il macchinista più anziano andò in pensione, «mi promossero alla guida». In realtà «dovevamo sapere fare un po’ di tutto: elettricisti, muratori, tecnici...».

Nell’immagine d’epoca, la salita a San Luca sulla storica funivia
Nell’immagine d’epoca, la salita a San Luca sulla storica funivia

La mattina, «fatti i controlli in sala macchine, si partiva con una corsa a vuoto». A regime, racconta Bonaiuti, «facevamo una corsa ogni 30 minuti, ma se era necessario si facevano corse straordinarie». Ogni cabina portava venti persone. I biglietti si staccavano a bordo. «Ma quando c’era molta gente, come la domenica, aprivamo la cassa giù nella stazione». Una corsa durava fra i sei e i sette minuti. In inverno la funivia era aperta dalle 8 alle 19; d’estate dalle 7 alle 20. Orario continuato. «Ma a maggio, quando la Madonna di San Luca risaliva al santuario, dicevano il rosario verso le 20, e noi avevamo l’obbligo di tenere aperto anche oltre le 21». Comfort per il personale, all’epoca, non ce n’erano. Con buona pace dei sindacati. «La stazione a monte, dove stavamo per 7-8 ore, era senza bagno», ricorda Bonaiuti. Per le necessità «c’era il boschetto. Se no bisognava arrivare fino al ristorante». Il mangiare «ce lo portavamo da casa, e usavamo un fornellino elettrico per scaldare il cibo».

La domenica, quando allo stadio arrivavano le big – Juve, Milan, Inter, Fiorentina – l’autobus 21 stazione-centro-funivia «scaricava moltissime famiglie. Gli uomini andavano allo stadio, le donne e i bambini a San Luca. Per chi mangiava su al ristorante il biglietto della funivia era gratis».  Incidenti gravi, Bonaiuti non ne ricorda. Almeno durante i suoi anni di servizio. «Ma una volta mi spaventai a morte. Una domenica, le vetture erano strapiene. Vista la situazione, Giuseppe, un giovane collega, sale sul tetto. Ma intanto eravamo partiti. Io, con il binocolo, lo vedo, rallento la velocità al minimo. Spero si accorga dell’arrivo al pilone e si accucci nel terrazzino di sicurezza. Se no, sarebbe stato colpito dai rulli e avrebbe fatto un volo di 25 metri. Per fortuna, tutto finì bene». Bonaiuti sarebbe felice di potere rivedere in funzione la funivia. «Sarebbe meraviglioso poterci salire». E, magari, sedersi ancora una volta al ponte di comando.

Oggi, inoltre, dalle 18, nell’ex chiesa di Santa Sofia, arco del Meloncello, ci saranno un incontro e una mostra, dal titolo Amarcord la funivî, mi ricordo la funivia. Sottotitolo: confronto, racconti e aneddoti sulla funivia di San Luca. All’incontro, organizzato dal movimento civico ‘Insieme Bologna’, partecipa anche Matteo Lepore, assessore cultura e turismo del Comune. Manes Bernardini concluderà il dibattito lanciando l’idea di un comitato a sostegno del progetto di una nuova funivia.

 

 

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