
Lo studioso oggi alle 18 al Modernissimo. Presenta la ristampa del romanzo ’Il Grande Bob’.
Ristampato solo di recente da Adelphi, ’Il Grande Bob’ è una delle opere che meglio riflettono la personalità di Georges Simenon che, grazie anche al lavoro critico e ai saggi di Goffredo Fofi è ormai considerato non solo un giallista, ma uno dei più grandi scrittori del novecento. Sarà proprio lo studioso a presentare questa sera al Cinema Modernissimo, (ore 18) la nuova traduzione del libro, scritto nel 1954. Con lui Antonella Lattanzi e Ena Marchi. Allo 19,30 poi introdurrà la proiezione del film di J.P. Mellville ’Lo sciacallo’ (1963) sempre tratto da un romanzo di Simenon.
Fofi, quale aspetto della figura di Simenon continua ad affascinarla così tanto?
"Quali aspetti, non solo uno. Simenon è stato un uomo d incredibile complessità, con una esperienza personale che attraversa non solo la sua vita, ma si riverbera poi nella sua produzione letteraria, che mette sempre al centro il dramma delle esperienze personali dei suoi personaggi. Con le due donne centrali della sua esistenza, la madre e la figlia, ha avuto un rapporto anomalo La mamma gli preferiva il fratello connivente degli occupanti nazisti che lui, dopo la guerra, salvò dalla condanna, ma questo non bastò a farle guadagnare l’affetto della madre. La figlia, al contrario, lo amava, ma con un trasporto che andava al di là di una sana relazione famigliare. Lo desiderava fisicamente, sarebbe stato il suo amante perfetto".
Una difficoltà nella cerchia dei legami più stretti che orienta il suo lavoro come scrittore.
"Sì, Simenon, e ‘Il Grande Bob’ lo dimostra in maniera decisa, aveva chiaro quanto la presenza del male fosse incombente nella vita di tutti giorni, era consapevole dell’attrazione che ognuno prova per i due poli opposti. Ma sapeva che il male finiva per vincere sempre, che del male era intrisa la quotidianità, e nulla poteva servire ad arginarlo. Una visione cupa, ma mi sembra che le vicende di questi ultimi tempi dimostrino che non si sbagliava".
Ma, in lui, è presente un aspetto salvifico.
"Il miracolo dobbiamo costruirlo noi stessi, creare le condizioni perché avvenga, essere noi gli artefici della salvezza dell’altro. Tematica che è presente in maniera ampia nelle pagine de ‘Il Grande Bob’, dove non c’è mistero, nel senso ‘classico’ del termine. Noi sappiamo dalle prime pagine quello che succede e seguiamo le vicende di un uomo qualunque che vorrebbe essere santo, salvare l’universo intero, ma sa che questo è impossibile e allora comprende che, forse, può salvare una sola persona, la giovane prostituta della quale si è innamorato e per la quale si sacrifica, pur di non vederla soffrire".
C’è un credo, nel personaggio?
"A mio avviso, ‘Il Grande Bob’ è romanzo più cattolico di tutta la produzione di Simenon. Quello dove lui ci conferma il pensiero che è al centro del suo lavoro. Satana, il Male, esiste, ed è più invasivo di Gesù. Fa parte della natura del genere umano. Come mi disse una volta Anna Maria Ortese, ’la creazione è tarata’, sta a noi cercare di arginare la violenza".
Anche grazie al suo lavoro non consideriamo più Simenon soltanto un ‘giallista’...
"Simenon è finalmente entrato nella grande letteratura di tutti i tempi, ma questa attenzione non nasce oggi. Pensiamo solo a André Gide, che, in un celebre carteggio con Simenon scrive che il suo libro ‘La vedova Couderc’, è paragonabile a ‘Lo straniero’ di Camus, ma toccando, dice ‘Il livello più alto dell’arte’".