‘Have a good day!’ L’opera lirica porta in scena sogni e alienazioni

A Teatri di Vita oggi e domani uno dei progetti più importanti di Art City: tre artiste lituane creano una partitura "per dieci cassiere". Sotto i neon lividi rumori di un supermercato e note di pianoforte

di Claudio Cumani

Grembiule blu, camicia bianca, pantaloni neri, lettore di codice a barre in mano, sguardo anonimo: eccole lì, ben allineate sulle sedie sistemate sui cubi bianchi e illuminate da neon lividi, le dieci cassiere di un immaginario (ma non troppo) centro commerciale. Ed eccoli lì i loro racconti più intimi, snocciolati cantando su armonie monotone che richiamano l’andamento meccanico della cassa di un grande negozio: parlano di autobus all’alba, di utopie universitarie perdute, di incomunicabilità con le colleghe. Ironia, poesia, paradosso.

Era da tempo che il direttore di MAMbo Lorenzo Balbi inseguiva ‘Have Good Day!’, l’opera lirica contemporanea lituana "per dieci cassiere, suoni del supermercato e pianoforte" approdata finora in Italia una sola volta, cinque anni fa al teatro Argentina di Roma. E finalmente il progetto, anche grazie alla collaborazione con ambasciata, consolato e istituto di cultura lituani, è andato a segno.

La performance, nata dalla collaborazione di tre artiste (l’autrice del libretto Vaiva Grainyté, la musicista Lina Lapelyté e la regista Rugilé Barzdziukaité), è il progetto speciale di questa edizione di Art City ed è ospitato a Teatri di Vita. Tutte le repliche (ancora oggi e domani) sono da tempo esaurite. Di questa triade di creative si era parlato molto alla Biennale Arte di Venezia del 2019 in quanto vincitrici del Leone d’oro. La performance nel padiglione lituano (l’opera lirica per 13 voci ‘Sun & Sea’) era ambientata in una spiaggia ricreata in un capannone dell’Arsenale fra creme solari, costumi sgargianti e sole (artificiale) cocente.

‘Have a Good Day!’ è il primo spettacolo nato tredici anni fa dalla loro collaborazione. "L’idea è venuta per caso – racconta Valva Grainyté – proprio andando a fare la spesa. Ho pensato che sarebbe stato interessante raccontare le storie delle commesse. Quelle donne, con i loro brevi drammi di carattere personale, rappresentano una metafora di tutti noi e della macchina del capitalismo". Poi è venuta la musica di Lina Lapelyté, una miscellanea armonica fra diverse scuole di tradizione e diverse vocalità. Ma l’intenzione non è mai stata, precisa la regista, quella di denunciare le condizioni di lavoro delle addette alle vendite, quanto piuttosto di avere un approccio lirico alle storie di alienazione. Nella scelta delle dieci performer (con loro c’è anche un pianista ribattezzato ‘responsabile della sicurezza’) ci si è basati più sulle caratteristiche personali che sulle potenzialità, ma ciò non ha impedito alla partitura canora di essere ipnotica e coinvolgente. Il beep monotono, che accompagna ogni scansione di un immaginario prodotto, diventa così il suono costante di una quotidianità che ci assomiglia. Sotto una luce algida che va e che viene.

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