A13 Bologna, i proprietari dei terreni espropriati "Penalizzate le nostre attività"

Parlano i titolari di alcune aziende colpite dall’allargamento dell’autostrada: "I risarcimenti sono irrisori"

Marilena Possati (Renault)

Marilena Possati (Renault)

C’è un filo invisibile che lega il destino di oltre 350 proprietari di terreni e immobili tra il Bolognese e il Ferrarese. O meglio, una linea ben visibile – il passaggio dell’A13, realizzato negli anni 60-70 – e una ancora in cantiere, cioè la terza corsia, così come previsto dal progetto di Autostrade per l’ampliamento della tratta Bologna Arcoveggio - Ferrara Sud. I lavori cominceranno nel 2023, ma qualcuno già proietta davanti a sé l’immagine del progetto finito e alza le spalle, rassegnato all’esproprio a cui è condannato. Altri, invece, vogliono andare a fondo e conoscere, minuziosamente, tutte le conseguenze di cui dovranno farsi carico.

In via del Tuscolano, al civico 21, l’insegna del deposito Draghetti Renault indica l’accesso a un largo spazio, "comprato di recente, nel 2019" come ricorda la titolare, Marinella Possati. All’interno si contano ben 250 posti auto, dove le vetture, appositamente riparate da una struttura anti grandine, costeggiano le corsie dell’autostrada. In mezzo, soltanto uno spazio di terreno piuttosto ampio, ma essenziale per il passaggio delle bisarche, ora destinato a essere sottratto per pubblica utilità: lì le auto vengono di norma ’traghettate’ e mezzi pesanti di questo tipo, appositamente realizzati per il trasporto di autoveicoli, "necessitano, infatti, di un largo spazio per muoversi, fare manovra e compiere adeguatamente il loro spostamento".

Possati lo mette in chiaro e riavvolge il nastro dell’intera vicenda. "Siamo stati avvisati tramite raccomandata l’anno scorso, a luglio – racconta – in cui era specificata la possibilità di richiedere l’accesso agli elaborati tecnici, fare le nostre verifiche e, ovviamente, mostrare le nostre obiezioni. Così, abbiamo fatto comunicare da un legale le nostre criticità, perché purtroppo la questione ci coinvolge. E non poco: abbiamo costruito un deposito ad hoc, con la realizzazione di un piazzale e dell’antigrandine". Un lavoro meticoloso, dunque, ora costretto a ridimensionarsi. Così come, a ridimensionarsi – per non dire annullarsi – sarà la sua funzione. "È chiaro che per lavori di questo tipo, la spesa sostenuta è stata piuttosto ingente – aggiunge – e ora con l’esproprio saremo costretti a rinunciare allo spazio per le manovre delle bisarche. Questo per noi si traduce in un reale problema".

Criticità prontamente segnalate, a cui però è seguita una la lettera di risposta che, certamente, non conteneva il messaggio sperato: l’esproprio sarà portato a termine, senza se e senza ma.

"Ieri (mercoledì, ndr) è arrivata una seconda lettera, identica alla prima. Chiederemo nuovamente la presa visione degli elaborati tecnici per ribadire ciò che era già stato espresso nella lettera inviata in precedenza – specifica Possati –. C’è bisogno di un intervento significativo, perché per il mio deposito, tra acquisto e ristrutturazione, abbiamo speso più di un milione di euro".

Di risarcimenti, però, non se ne parla. O meglio, se ne parla senza ancora mettere i puntini sulle ’i’. Così come, al contrario, "sarebbe opportuno fare. Il risarcimento non è quantificato, si parla di percentuali indicative – precisa Possati –. Abbiamo subìto altri espropri in passato, in altri contesti, e ciò che possiamo a oggi affermare è che i risarcimenti sono irrisori se confrontati ai danni che arrecano, perché precludono la nostra attività. Cosa fare? Smontare cinquanta posti auto per consentire il passaggio delle bisarche? Non è la soluzione giusta".

Come il deposito Renault, ci sono molte altre realtà che dovranno fare ’un passo indietro’ e ridurre i propri terreni per consentire, alla terza corsia (e a quella di emergenza), di essere realizzata. Enio Baschieri, uno dei titolari di Edil Baschieri Sas, ad esempio, non ha ricevuto alcuna informazione ufficiale a riguardo, seppur sia venuto a conoscenza della questione "con un messaggio su whatsapp, inviatomi da mio nipote – afferma –. Il dubbio, infatti, mi è sorto perché abbiamo un capannone in via Pini, di fronte all’A13. Bisognerebbe capirci di più, comprendere bene le dinamiche di questo esproprio, se e come ci coinvolgerà. Certo è che sia praticamente impossibile opporsi a un’opera di pubblica utilità". Dubbi e incertezze si prendono così per mano, davanti un orizzonte che, a oggi, non può che essere grigio asfalto.

 

 

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