Il Sant'Orsola: "Idrogeno-terapia, la nostra sperimentazione"

Il professor Brandi: "Su 14 volontari sani ha abbattuto lo stress ossidativo. Ora coinvolgiamo i pazienti oncologici"

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Bologna, 21 agosto 2022 - Mani e piedi immersi nell’acqua idrogenata per trenta minuti a seduta: parte da qui la sperimentazione pionieristica dell’Irccs Sant’Orsola. "Il nostro lavoro si basa su una supplementazione di idrogeno per via percutanea, ossia attraverso la pelle. L’idrogeno ha la capacità di ridurre lo stress ossidativo, che può essere definito il motore dell’infiammazione. Dal momento che l’infiammazione è implicata in moltissimi processi patologici quali le malattie infiammatorie, degenerative e neoplastiche, l’idrogeno-terapia riguarda molteplici aspetti della medicina", assicura Giovanni Brandi, direttore della Scuola di specializzazione di oncologia medica dell’Alma Mater e responsabile del Programma tumori epato-biliari e pancreatici al Policlinico.

"L’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’universo, è presente nell’atmosfera e noi stessi ne produciamo anche fino a 13 litri al giorno. È il nostro microbiota intestinale che fa questo – spiega il professore –, forse nell’ottica di tamponare la quantità di stress ossidativo prodotta ogni giorno. La nostra sperimentazione prevede l’utilizzo del primo prototipo mondiale per la somministrazione di idrogeno per via percutanea, con pediluvio e maniluvio mediante un dispositivo medicale". La prima parte, che prevedeva la valutazione del dispositivo, si è appena conclusa. "I risultati sono promettenti – anticipa Brandi –. I dati preliminari su 14 volontari sani, dai 25 ai 65 anni, tra i quali ci sono anche io, hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia dello strumento nel diffondere idrogeno a livello sistemico". Ma in quale modo è stata realizzata la valutazione? "Abbiamo misurato in tutti i volontari l’idrogeno espirato prima e dopo la terapia di mezz’ora nell’acqua idrogenata – precisa lo specialista – e al termine non solo la quota era più elevata, ma era anche accompagnata da un forte abbattimento di stress ossidativo a livello ematico. La sicurezza è ulteriormente suggerita dal fatto che la parte in più di idrogeno non si accumula nell’organismo e viene subito emessa con il respiro".

Da i volontari passiamo alla fase più delicata della sperimentazione, quella che coinvolge i pazienti: è ancora all’inizio e occorrerà tempo prima di arrivare ai risultati finali. "È una sperimentazione pionieristica – ammette Brandi – e i pazienti coinvolti sono stati suddivisi in due gruppi: prevenzione del danno del chemioterapico cisplatino, usato in varie neoplasie, con il trattamento all’idrogeno prima della chemioterapia su 15 persone; recupero del danno da cisplatino con trattamento all’idrogeno dopo il primo ciclo di chemioterapia su 10 persone. I numeri dei pazienti inclusi sono ridotti – sottolinea – perché la sperimentazione è ancora in fase iniziale. Nel primo gruppo abbiamo iniziato con quattro pazienti: al termine saranno sottoposti a esami biochimici. Inoltre, chiediamo anche di rispondere a dei questionari. Tuttavia, i primi risultati stanno dimostrando un beneficio clinico perché osserviamo nei pazienti un miglioramento della loro qualità di vita". La sperimentazione del secondo gruppo non è ancora partita. Per Brandi "è importante sottolineare come questo sia il primo trattamento in Europa di idrogeno-terapia medicale. Finora le conoscenze sull’idrogeno-terapia derivano principalmente da dati provenienti da Paesi asiatici, dove è prevista la somministrazione di idrogeno per inalazione o ingestione di acqua idrogenata, metodiche poco pratiche. Il nostro Irccs risulta l’unico centro in Europa a sperimentare questa modalità di prevenzione-trattamento di effetti collaterali di chemioterapia".

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