Il centrosinistra è diviso alla meta Pd: libertà di voto. ’Sì’ di IV e Azione

Il segretario Letta non ha dato indicazioni vincolanti. Il Movimento 5 Stelle. determinato a dire no

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Nello schieramento di centrosinistra le posizioni sono variegate. Il Pd – diviso – lascia libertà di voto. Ma il segretario Enrico Letta è per il ‘no’. Decisamente per il ‘no’ i Cinque stelle. Sono invece per il ‘sì’ i Radicali e i centristi di Italia Viva e Azione.

"Voterò cinque ‘no’ perché penso sia un errore ricorrere al referendum per affrontare un tema come la riforma della Giustizia – afferma Andrea De Maria, deputato Pd –. La sede giusta è il Parlamento". Dove "stiamo già affrontando la stagione delle riforme della Giustizia". I temi proposti da due quesiti (consigli giurisdizionali e Csm) "sono già stati risolti con norme approvate alla Camera, che ora andranno al Senato". E l’iter parlamentare è già avviato per il tema della separazione delle funzioni e della cosiddetta legge Severino.

All’interno dei quesiti referendari "ci sono temi che vanno affrontati – riconosce De Maria –. Ma per come è strutturato il referendum si corre il rischio di eliminare aspetti importanti della normativa". Tra chi vota ‘no’, afferma il deputato dem, "ci sono forze, come il Pd, assolutamente determinate a portare avanti la riforma in Parlamento".

Per il M5s l’assessore Massimo Bugani e Silvia Piccinini, capogruppo in Regione, ribadiscono "il deciso ‘no’" ai cinque quesiti. Su abolizione della legge Severino, limitazione alle misure cautelari e separazione delle carriere "si tratta di proposte che farebbero fare enormi passi indietro al nostro sistema giudiziario". Gli altri due quesiti – consigli giurisdizionali e Csm – "sono inutili, perché saranno superati dall’approvazione definitiva della riforma complessiva del Csm, che già ha avuto il via libera della Camera e ora è al Senato".

Dal fronte del ‘sì’, Roberto Giorgi Ronchi, coordinatore cittadino di Italia Viva, sottolinea l’importanza di andare al voto, per non fare mancare il quorum necessario. Andando alle urne "si manifesta una volontà di cambiamento, per migliorare il sistema della Giustizia".

I quesiti referendari "rappresentano proposte di buon senso, frutto dell’esperienza di chi opera da tempo nel settore", afferma Giorgi Ronchi. Votare ‘sì’, spiega, "significa arrivare a una Giustizia migliore, più equa. E rendere il lavoro dei magistrati più razionale, più efficace e più credibile agli occhi dei cittadini".

Il coordinatore di Italia Viva invita a "non scoraggiarsi" per l’apparente complessità della materia. "Il contenuto sostanziale di ciò per cui siamo chiamati a votare è fatto di cose concrete, che hanno un impatto diretto sulla vita delle persone. Basti pensare a temi come gli errori giudiziari e la custodia cautelare".

Luca Orsi

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