Il mondo dei ‘pictores’ Arriva l’arte di Pompei

A settembre al Museo Archeologico una mostra con oltre 100 opere da Napoli. Sei sezioni ricostruiscono fedelmente gli ambienti con affreschi e rilievi

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di Claudio Cumani

Sarà la grande mostra della ripartenza dopo la pandemia, rappresenterà l’opportunità per consolidare la vocazione turistica di Bologna, ribadirà la necessità di stringere sinergie culturali sempre più forti. I pittori di Pompei, l’esposizione ospitata all’Archeologico dal 23 settembre al 19 marzo, prodotta da MondoMostre (che proprio in queste sale portò nel 2019 il Giappone di Hokusai e Hiroshige) e curata da Mario Grimaldi, offrirà allo sguardo dei visitatori oltre cento opere di epoca romana appartenenti alla collezione del museo archeologico nazionale di Napoli, in cui è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo.

Per la prima volta verrà esposto nel capoluogo emiliano un corpus di straordinari esempi di pittura romana provenienti da quelle domus di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana celebri proprio per la bellezza delle loro decorazioni parietali.

"Un nucleo – ha detto il sindaco Lepore alla presentazione dell’evento – che fa parte dell’immaginario comune della storia dell’arte". Il nostro Archeologico, ricorda la direttrice Paola Giovetti, trattò Pompei esattamente 40 anni fa con una esposizione soltanto documentale. Adesso invece gli affreschi ci sono, eccome, e raccontano di paesaggi, divinità, figure femminili, architetture, giardini... Almeno il sessanta per cento delle opere esposte, spiega il direttore del Mann di Napoli Paolo Giulierini, proviene dai depositi del museo partenopeo e quindi la mostra, pur avendo un respiro internazionale, conferma la necessità di riscoprire e valorizzare patrimoni spesso nascosti.

Tema questo che da sempre appassiona Mauro Felicori, assessore alla cultura della Regione, che sostiene questa mostra.

Il progetto espositivo pone al centro le figure dei ‘pictores’, ovvero degli artisti (o meglio degli artigiani) che realizzarono le decorazioni in quelle dimore. Perché non c’è dubbio che gli splendidi affreschi dai colori ancora vivaci (e spesso di grandi dimensioni) restituiscono i gusti e i valori dei committenti, e cioé di quella variegata società spazzata via dall’eruzione del 79 dopo Cristo. Se nel mondo della Grecia classica i pittori erano considerati ‘proprietà dell’universo’, come ricorda Plinio il vecchio, al tempo dei romani i ‘pictores’ erano visti invece come abili artigiani: solo alcuni di loro riuscirono a conquistare il ruolo di artisti grazie alla raffinatezza delle creazioni, ma a tutti loro si ispirarono celebrità come Raffaello o semplici imitatori in grado di sommergere il mercato (soprattutto ottocentesco) di falsi.

Suddivisa in sei sezioni, la mostra proporrà anche la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come quelli della casa di Giasone e ancor di più della straordinaria domus di Meleagro con i suoi grandi affreschi e i rilievi a stucco. Ma mostrerà anche oggetti: coppe ancora ripiene di colori, triclini, lucerne, brocche e vasi riaffiorati durante gli scavi e raffigurati proprio negli affreschi esposti.

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