BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Joe dei La Crus: "Eravamo pronti a tutto per fare la nostra musica"

Venerdì al Galliera il doc sui Carnival of Fools e poi il concerto dal vivo .

Mauro Ermanno Giovanardi, Joe al tempo dei Carnival: venerdì film e concerto

Mauro Ermanno Giovanardi, Joe al tempo dei Carnival: venerdì film e concerto

E ad un certo punto, nel 1988, mentre a Bologna c’era la Biennale Giovani con le contro-manifestazioni che portavano allo scoperto una creatività locale esplosiva, a Milano nasceva la band Carnival of Fools, specchio interessante di una scena alternativa (ne facevano parte anche Afterhours e Cristina Donà) che stava germogliando in tutta Italia. Fondati da Mauro Ermanno Giovanardi, allora solo Joe, che nel 1995 lasciò la lingua inglese e il punk performativo, per abbracciare coi La Crus la canzone d’autore e l’audience nazional-popolare anche di Sanremo, ora i Carnival of Fools riemergono in tanti vhs dal garage milanese di Giovanardi, per diventare un film documentario ’Jesus Loves The Fools’. Storia di amicizia, musica e furore quando ancora non c’erano i cellulari e andare a un concerto di Nick Cave ti cambiava la vita. Veenrdì alle 21,30 al cinema Galliera, presentazione evento del film di Filippo D’Angelo, Dimitris Statiris e lo stesso Giovanardi, che poi suonerà anche alcuni pezzi-cover e brani dei Carnival con Marco Carusino.

Giovanardi, il film documentario è ricchissimo di archivio. Ci racconta com’è andata? "Mettendo le mani nel garage, ho ritrovato tante casette vhs che sono state poi riversate in digitale e processate in maniera professionale. Ma la cosa interessante è che in studio abbiamo montato i video sui brani, perché l’audio era davvero scarso e noi volevamo un bel lavoro sul suono che trasmettesse la potenza di quei momenti. Così siamo partiti col film".

Il film racconta come si faceva musica e come nascevano i gruppi prima dell’era digitale. È venuto fuori qualcosa che non si aspettava? "È venuto fuori quanto noi eravamo disposti a tutto, quanto fare musica fosse mettersi addosso una divisa e dichiarare di voler suonare ’per essere diverso da te’. Un amico mi ha ricordato che a quel tempo, avevo 30 anni, gli dissi: ’se non emergo nella musica devo tornare a fare l’idraulico con mio padre’".

Sembra che lei sul palco fosse come ’posseduto’ nelle sue performance, ma poi nella vita musicale estremamente organizzato... "Mi rendo conto di questo e anche dopo la fine dei Carnival, ho sempre detto: se uno guarda i La Crus, pensa che io sia l’artistoide e Cesare Malfatti il precisino. In realtà è esattamente il contrario. Il rigore mi viene dall’aver corso in bicicletta dai 10 ai 18 anni, esperienza mi ha lasciato il sacrificio, la costanza, la determinazione e la disciplina. Quando lavoro, la disciplina è il mio mantra".

Chi tra i musicisti di quel tempo ce l’ha fatta, cosa ha fatto più degli altri? "Ci sono tanti motivi, anche la fortuna. Manuel Agnelli è uno di quelli che è arrivato più in alto di tutti perché era davvero determinato. La mia sfortuna col tempo, e non ho paura ad ammetterlo, è stato che ad un certo punto, sopraffatto dal successo dei La Crus, dai 120 concerti all’anno con migliaia di persone, dalla vita che ti cambia in maniera drastica e tu che cerchi di tenere a bada quel treno impazzito, mi sono lasciato andare a dei vizi, rallentando la disciplina. Uno sballo durato 20 anni da cui mi sono ripreso nel 2018. Ed è stato bello, sono tornato a correre in bici, ho eliminato tutto, anche alcol e caffè, ed eccomi qui. Senza rimpianti".

Benedetta Cucci