Kwabena, la favola che attende un lieto fine

Fuggito dal Ghana, lavora come pastore di capre a Veterinaria. Ricorrerà in Cassazione per la conferma della ‘protezione umanitaria’

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Quella di Kwabena Agyemang, guardiano di capre, è una bella storia di integrazione. Che parte da un villaggio del Ghana e approda – lungo la dolorosa rotta mediterranea dei migranti in fuga, via Libia e Lampedusa – al campus di Veterinaria, a Ozzano. Ora, alla bella favola di Kwabena manca solo il lieto fine: la conferma del diritto alla protezione umanitaria.

Kwabena arriva a Bologna nel 2016, provato da quattro anni, durissimi, di permanenza in Libia. Carcere, minacce e violenze subite. Per un anno – con un altro richiedente asilo, del Gambia, poi assunto in un allevamento di capre – segue un tirocinio formativo al Dipartimento di Veterinaria (Dimevet) dell’Università. "Gli vengono insegnati la cura e il governo dei piccoli ruminanti, nell’ambito di un progetto sovvenzionato da Vet For Africa, associazione attiva con iniziative di solidarietà nel continente africano", spiega Arcangelo Gentile, ordinario a Veterinaria.

Kwabena impara in fretta. Lavora con impegno e passione. Si fa ben volere da tutti, docenti e studenti. E dopo alcuni mesi di frequenza volontaria, nel novembre del 2017 è assunto come operaio part time dall’Aub, l’Azienda agraria dell’Alma Mater. "Da allora – afferma Gentile – gestisce il caprile didattico del Dimevet, struttura cofinanziata da Unibo e dal cardinale Zuppi".

Come Nur – il pastore di capre nato dalla fantasia di Rino Solinas – Kwabena ripete gesti antichi: si prende cura dei 40 animali, dà loro da mangiare, li accompagna al pascolo e li assiste ai parti. Diciassette, quest’anno. Il latte ricavato dalla mungitura è venduto a un casaro.

Anche nei mesi del lockdown causa Covid, Kwabena non ha abbandonato le sue capre. "È sempre venuto a lavorare, non senza un po’ di timore – racconta Gentile –. Indossa mascherina, guanti e cappellino già la mattina quando da casa sale sulla bicicletta, e li toglie solo una volta rientrato".

In questi anni, Kwabena si è inserito perfettamente nella nuova realtà. A testimonianza dell’affetto per lui, e come riconoscimento del suo lavoro, l’anno scorso gli studenti di Vet for Africa l’hanno portato a un incontro internazionale a Lisbona, in veste di relatore.

Ora manca solo un tassello perché la vicenda del pastore di capre richiedente asilo possa dirsi felicemente conclusa. Nel 2017, il Tribunale di Bologna ha riconosciuto a Kwabena il diritto alla protezione umanitaria. Nell’ottobre 2019, la Corte d’appello – su istanza dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato – ha ribaltato la decisione, ritenendo le motivazioni addotte per la richiesta non sufficienti per invocare la protezione umanitaria.

A questo punto Kwabena, assistito dall’avvocato Cinzia Brandalise, presenterà ricorso in Cassazione. "Non sta a noi giudicare un parere dello Stato – dice Gentile –. Ma ci piace sottolineare il grado di integrazione di Kwabena con la comunità nella quale si è pienamente inserito".

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