L’omicidio del Pilastro, il giudice: "Volontà di uccidere di Listrani"

Le motivazioni della condanna a 14 anni: "Aprì la porta già armato di coltello e colpì al collo Nicola Rinaldi"

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di Nicola Bianchi

Aveva messo in conto "l’eventualità che dal suo comportamento, potesse derivare la morte del soggetto passivo". Ciò, secondo il gup Alberto Ziroldi, è confermato "dall’uso di una potente arma da taglio e dall’aver colpito una zona chiaramente vitale, il collo, che determinava la morte per dissanguamento". Era il 28 agosto 2019 quando Luciano Listrani, bolognese pregiudicato, classe 1961, oggi agli arresti domiciliari (difeso dall’avvocato Chiara Ciliberti), uccise il 28enne vicino di casa al Pilastro Nicola Rinaldi (le sorelle Elisa e Desiree parte civile con l’avvocato Roberto D’Errico). Una lite furibonda per un debito di droga che sfociò nel sangue davanti all’ingresso di casa Listrani, in via Frati, e finì in strada con gli ultimi respiri del ragazzo.

Listrani, condannato in abbreviato a 14 anni, confessò ma con una versione piena di "incongruenze – scrive il giudice – e di elementi di debolezza nei punti cruciali", tesa "unicamente a svilire e depotenziare la gravità della condotta nel tentativo insperato di rimanere impunito". "Inverosimile" soprattutto la "contorta dinamica" per cui Listrani sarebbe entrato in possesso del coltello a serramanico, "allungando il braccio in maniera poco realistica verso il mobiletto della cucina", mentre veniva aggredito. Ancora meno "plausibile la circostanza secondo cui avrebbe sferrato il fendente senza guardare", in particolare per "l’obiettiva precisione del colpo e l’indirizzamento in zone vitali".

Esclusa la legittima difesa avanzata dall’imputato in quanto fu "Listrani ad aprire spontaneamente la porta" a Rinaldi e all’amico (il teste chiave, ndr), "senza che vi fossero insistenti e costrizioni di questi ultimi". Fu l’imputato "a presentarsi già in assetto di offesa, con il coltello in mano, disposto a intraprendere una contesa violenta e volendo mostrarsi già avvantaggiato nei confronti dell’avversario". Listrani, insomma, in quel modo si sarebbe "prefigurato tutti i possibili esiti derivanti dalla colluttazione, incluso quello letale della morte dell’avversario". Il 29 e 30 settembre il processo d’appello.

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