Revoca della scorta a Marco Biagi, Scajola e De Gennaro indagati. L'ex ministro: "Sconcertante"

L'accusa è di cooperazione colposa in omicidio colposo. La famiglia del giuslavorista ucciso dalle Br: "È stato fatto un lavoro preciso, puntuale e articolato». Scajola: "Mi sono comportato correttamente" FOTO

Il ministro dell'Interno Claudio Scajola con il capo della Polizia Gianni De Gennaro (Foto Ansa)

Il ministro dell'Interno Claudio Scajola con il capo della Polizia Gianni De Gennaro (Foto Ansa)

Bologna, 26 febbraio 2015 - Claudio Scajola e Gianni De Gennaro (FOTOsono indagati nell’inchiesta bis sulla revoca della scorta a Marco Biagi, ucciso a Bologna dalle Br il 19 marzo 2002. All’epoca Scajola e De Gennaro erano ministro dell’Interno e capo della Polizia.

La prima inchiesta fu archiviata. La nuova fu riaperta la scorsa primavera dopo la trasmissione a Bologna di nuovi documenti, in particolare appunti dell'ex segretario del ministro, Luciano Zocchi. A quanto si apprende è stato notificato un atto a Scajola e De Gennaro, oltre che ai familiari del giuslavorista, assistiti dall'avvocato Guido Magnisi, in cui si chiede a una sezione speciale del tribunale di Bologna di interrogarli per sapere se intendono o meno avvalersi della prescrizione. L'inchiesta è del pm Antonello Gustapane.

Cooperazione colposa in omicidio colposo. È questo il reato contestato dalla Procura di Bologna a Claudio Scajola e Giovanni De Gennaro. I due ne rispondono il primo in qualità di ministro dell'Interno e autorità nazionale di pubblica sicurezza dal 10 gennaio 2001, il secondo quale capo della Polizia e direttore centrale di pubblica sicurezza dal 26 maggio 2000, già vicecapo della Polizia e direttore centrale della Criminalpol dal 1994. Il reato è però già prescritto. Per questo la Procura manderà l'atto al tribunale dei Ministri (che è competente per entrambi)  chiedendo di convocare entrambi gli indagati per chiedere loro se si avvarranno o meno della prescrizione. In caso affermativo si procederà all'archiviazione. Nel caso contrario l'atto tornerà alla Procura e l'inchiesta proseguirà.

«È stato fatto un lavoro preciso, puntuale e articolato da parte della Procura di Bologna». Così l'avvocato Guido Magnisi, legale dei familiari di Marco Biagi, ha commentato l'esito dell'indagine sulla mancata scorta.

Nell'indagine sulla mancata scorta a Marco Biagi, a Scajola e De Gennaro sono contestate dal Procuratore Roberto Alfonso e dal pm Antonello Gustapane una serie di omissioni, a partire dal 3 ottobre 2001, quando fu presentato il 'libro biancò sulle condizioni del lavoro in Italia. Per gli inquirenti «omettevano di adottare direttamente o di far adottare dagli organi a loro sottoposti in favore del prof. Biagi misure idonee a proteggerne l'incolumità dall'elevato rischio di subire attentati».

"Claudio Scajola, nel 2002 ministro dell'Interno, non fece proteggere Marco Biagi dopo aver ricevuto «autorevoli segnalazioni circa l'elevata esposizione del professor Biagi al rischio di attentati, anche omicidiari». Lo scrivono i pm Roberto Alfonso e Antonello Gustapane: tra chi fece le segnalazioni, l'allora ministro del Welfare Roberto Maroni, il collega per la Funzione pubblica Franco Frattini, il direttore generale di Confindustria Stefano Parisi.

Gianni De Gennaro, all'epoca capo della Polizia, fu invece informato per iscritto il 15 marzo 2002 dal vicecapo della Polizia Giuseppe Procaccini che «il capo della segreteria» del ministro dell'Interno Scajola, Luciano Zocchi, gli aveva riferito di essere stato quel giorno stesso sensibilizzato dal Dg di Confindustria sulla necessità di attivare misure di protezione. I pm riportano anche una risposta che sempre il 15, quattro giorni prima del delitto, De Gennaro diede a Scajola, nel corso di una seduta del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza.

Scajola chiese «un punto di situazione per quanto concerne il pericolo di terrorismo» e De Gennaro affermò che «al riguardo non pervengono segnali specifici, né ci sono ulteriori elementi...», senza riferire, invece, osservano i pm, quanto evidenziato dopo la precedente seduta del 27 febbraio 2002 di quel comitato, dal Cesis, a proposito dei pericoli eversivi provenienti dalle Br-Ccc, «che pure erano conosciuti dallo stesso ministro Scajola».

Il racconto ai pm di Procaccini

«Io ricordo che, subito dopo aver parlato con Zocchi, che potrebbe essere come da lui dettovi il 15 marzo 2002, sicuramente pochi giorni prima dell'omicidio del professor Biagi, presi il block notes intestato al vice capo della polizia e scrissi a De Gennaro, Capo della Polizia, delle preoccupazioni che Zocchi mi aveva espresso con particolare intensità, con affanno, per la protezione del professor Biagi».

È il racconto ai pm di Bologna del prefetto Giuseppe Procaccini, nel 2002 vice capo della Polizia, sentito il 29 maggio scorso nell'inchiesta sulla scorta negata a Marco Biagi. Luciano Zocchi era il segretario del ministro dell'Interno Claudio Scajola e proprio dai suoi appunti è stata riaperta l'inchiesta bolognese, che accusa Scajola e De Gennaro. «Io scrissi il biglietto per De Gennaro - ricostruisce davanti ai magistrati Procaccini - perché pensavo che, essendo intervenuto quello che io credevo fosse il Capo della segreteria del ministro, ossia Zocchi, di lì a poco sarebbe intervenuto il ministro Scajola sullo sullo stesso problema e per questo intendevo preparare il capo della Polizia». In un'audizione precedente, il 19 maggio, Procaccini riferisce: «De Gennaro non mi ha mai parlato di ciò che avevo scritto».

In un ulteriore interrogatorio, a settembre, Procaccini è ancora più preciso sui tempi, con riferimento probabilmente al 15 marzo 2002: «Dalla lettura della mia agenda personale del 2002 ho avuto modo di verificare che tra le 11 e le 12.15 ho partecipato ad una riunione sulla dislocazione dei presidi delle forze di polizia in Liguria. Pertanto, secondo me la telefonata di Zocchi io l'ho ricevuta dopo le 12.15. A quel punto scrissi un biglietto per De Gennaro, che gli mandai nel tardo pomeriggio, dopo una riunione che feci alle 15».

Per i pm: "Cercarono di distogliere l'attenzione"

Avviando il 21 marzo 2002 l'inchiesta amministrativa dopo la morte di Marco Biagi, in modo da indirizzarla verso gli organi periferici, che in realtà non potevano avere alcuna conoscenza diretta delle informative elaborate dai Servizi segreti in materia di terrorismo brigatista - che potevano essere loro comunicate solo su iniziativa dello stesso ministro o del capo della Polizia - Scajola, «furbescamente», cercò di distogliere l'attenzione da se stesso e dal capo della Polizia, ben sapendo che entrambi avevano omesso di diffondere, tra l'altro, il rapporto del 26 febbraio 2002 del Sisde e di attivarsi in favore dei collaboratori del ministero del Lavoro anche dopo la pubblicazione della relazione del Cesis. Lo scrivono i mm di Bologna Roberto Alfonso e Antonello Gustapane

"E si noti, proseguono i pm, che «quest'operazione di disinformazione» fu fatta dal ministro Scajola con l'avallo del capo della Polizia De Gennaro, come si può desumere dalla lettera del 5 aprile 2002 che De Gennaro inviò al prefetto Sorge per l'espletamento dell'incarico ispettivo conferitogli dal ministro, nella quale volutamente non si faceva alcun cenno al potere del Ministro di concedere misure di protezione in casi speciali, nonostante si citassero circolari che prevedevano il potere del ministro di intervenire in via 'contingibile' ed 'urgente'

La replica dell'ex ministro 

un'accusa sconcertante". Così l'ex ministro dell'interno Claudio Scajola, indagato dalla procura per la mancata scorta a Marco Biagi. E aggiunge: «Anche in questa occasione so di essermi comportato correttamente»

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