'Ndrangheta a Bologna: sequestrati oltre 4 milioni nell'operazione Black fog

Le indagini della Guardia di Finanza hanno portato alla luce un giro di denaro reinvestito all'estero, riconducibile alla cosca Iamonte

L'operazione della Guardia di Finanza (foto d'archivio)

L'operazione della Guardia di Finanza (foto d'archivio)

Bologna, 28 giugno 2022 - Reinvestivano all’estero soldi riconducibili alla potente e nota cosca di ‘ndrangheta degli Iamonte, in particolare attraverso una gestione occulta di due centrali idroelettriche in Romania, alla disponibilità di numerosi rapporti finanziari in banche svizzere e al possesso di immobili di pregio in Bulgaria, oltre a investimenti in titoli negli Stati Uniti. È quanto emerso dalle indagini nell’ambito dell’operazione Black fog, condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Bologna e dei Reparti del Corpo di Milano, Trento e Reggio Calabria, che hanno eseguito, sul territorio nazionale e all’estero (Romania, Bulgaria e Svizzera) misure cautelari personali e reali nei confronti delle persone che, attraverso condotte preordinate al trasferimento fraudolento di valori, hanno contribuito a reinvestire soldi riconducibili alla potente e nota cosca di ‘ndrangheta degli Iamonte, egemone nel territorio di Melito di Porto Salvo (RC) e con ramificazioni nel Nord Italia, tra le quali una vera e propria base a Desio (MI).

L’attività, che ha consentito di sequestrare oltre 4 milioni di euro alla criminalità organizzata, è stata sviluppata all’esito di una precedente indagine in materia di criminalità organizzata - eseguita dagli specialisti del G.I.C.O. di Bologna - convenzionalmente denominata “Nebbia Calabra” e nel corso della quale era stata rinvenuta copiosa documentazione, anche informatica, relativa a cospicui investimenti all’estero effettuati dal principale indagato grazie alla connivenza e al supporto di numerosi colletti bianchi legati al mondo della finanza e dell’imprenditoria del nord est. In particolare, sono emersi gravi indizi in ordine alla gestione occulta, realizzata attraverso uno strumentale schermo societario di diritto rumeno, di due centrali idroelettriche in Romania in grado di generare redditi per 2 milioni di euro all’anno (la cui titolarità è riconducibile a una società con sede in provincia di Trento), alla disponibilità di numerosi rapporti finanziari presso banche svizzere (fra cui 1,6 milioni di dollari in seguito movimentati verso un conto sammarinese) e al possesso di immobili di pregio in Bulgaria, oltre a investimenti in titoli USA successivamente movimentati tramite bonifici mascherati da finanziamenti fra società estere per 15 milioni di euro.

Agli arresti domiciliari è finito il principale indagato, italiano, accusato di trasferimento fraudolento di valori ed è stato sequestrato preventivamente il capitale sociale di una società italiana, il saldo di due conti esteri (rumeno e svizzero) fino alla concorrenza di 15 milioni di euro, le quote societarie di due imprese rumene, tre conti correnti e due beni immobili siti a Sofia in Bulgaria. L’esecuzione delle misure è avvenuta, contestualmente, in più Stati dell’Unione Europea, grazie al coordinamento dell’organismo di cooperazione giudiziaria internazionale Eurojust, il cui intervento ha consentito un più efficace contrasto alla criminalità organizzata, connotata da una sempre più marcata proiezione internazionale.

 

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