Nei boschi o in giardino: la scuola è all’aperto

Si va dai tronchi trasformati in sgabelli ad aule all’ombra dei castagni. E le maestre di Gaggio Montano formano i colleghi di tutta Italia

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di Federica Gieri Samoggia

Panchine e tavoloni in legno nel bosco e parti di bosco trasformate in aule per un centinaio di alunni dell’ elementare e della media a Castel d’Aiano; tettoia per i 45 bambini dell’elementare di Marano: tutti dell’Ic di Gaggio Montano. Oppure aule e anfiteatri con tronchi-sgabello in castagno e abete nei cortili delle elementari Don Marella, Scandellara, Costa, Garibaldi, Romagnoli, Don Minzoni e delle medie Farini, Saffi e Jacopo della Quercia.

Quando l’aula si trasferisce en plein air, è tempo di outdoor education (sommariamente tradotto in didattica all’aperto) cui le norme anti Covid dello stare in classe hanno dato una forte accelerazione. Al punto che maestre dell’Ic di Gaggio Montano a settembre hanno formato, a Trento, un centinaio di colleghe su cosa e come voglia dire far lezione all’aperto. Capofila dei 40 istituti della rete nazionale sull’outdoor education, supervisionata dalle università di Bologna, Valle d’Aosta e Bicocca di Milano, l’istituto comprensivo 12 che, al pari di quello di Gaggio, sta ricevendo chiamate da Piemonte, Liguria e Lombardia. Il perché del 12 come guida è semplice: l’outodoor nacque alle materne comunali una decina di anni fa. Le materne del 12, Viscardi e Don Marella benché statali, aderirono, aiutate dalla grande area verde in cui sono immerse. Da lì il contagio immediato alle elementari e alle medie, ora il salto. "Qualche superiore si sta interessando", ricorda Filomena Massaro, preside dell’Ic 12.

A Bologna, l’agrario Serpieri è già partito. A Castel d’Aiano, "abbiamo l’aula didattica più covid free al mondo", scherza il preside Carmelo Adagio. Il sindaco, Alberto Nasci, ha usato i fondi europei per la montagna, costruendo l’aula didattica: panchine, tavoloni e un percorso per i più piccoli: le casette delle fate, la capanna dell’uomo primitivo sino alle pietre-caverne che lì hanno forme strane. Essendo la scuolona vicina al bosco "ogni classe ne ha occupato un pezzo, definendo gli spazi - spiega Adagio -. L’outdoor education? Non c’è un metodo unico per tutti ". Di certo "la scuola all’esterno si serve per acuire le capacità dei bimbi, per fargli vedere la realtà con occhi nuovi, sollecitandoli a porre domande" cui devono dare risposte. "L’outdoor stuzzica la loro curiosità".

Insomma basta banalizzare l’outodoor education "con il semplice stare fuori dall’aula", avverte Massaro. E’ molto di più, implica un grossissimo lavoro dei docenti che "devono strutturare l’ambiente esterno facendolo diventare un luogo di apprendimento stimolante". Inoltre le lezioni "progettate" includono "una forte interdisciplinarietà tra materie" e non solo in chiave "ambientale". Ma in epoca Covid, l’aula outdoor ha la grande capacità "di riportarci a otto mesi fa – sintetizza Laila Evangelisti, maestra Don Marella -: certo manteniamo le distanze, ma riesce a farci sentire classe, riportandoci ad una normale quotidianità".

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