Omicidio Reatti: "Nessuna nuova prova per Sosò"

Le motivazioni dei giudici al ’no’ alla revisione del processo per la Bracciale. "L’istanza presentata è una rilettura alternativa dei fatti"

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Bologna, 5 agosto 2022- Nessun nuovo processo per Sonia ’Sosò’ Bracciale perché "la prova introdotta non possiede nè requisiti di novità, nè in grado di disarticolare le solide risultanze emerse in dibattimento". Così i giudici della Corte d’Appello di Ancona che nei giorni scorsi hanno depositato i motivi del ’no’ (di aprile) alla richiesta di ribaltare la condanna definitiva della moglie di Dino Reatti , ucciso a sprangate ad Anzola tra il 7 e 8 giugno di dieci anni fa. "Proporremo – spiega l’avvocato Gabriele Magno – ricorso in Cassazione vista la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte che impone l’escussione di nuovi testimoni nel pubblico dibattimento. C’è stata negata la possibilità di formare le nuove prove in contraddittorio tra le parti".

Lei, Sosò, la grande ’mente’ dell’orrore secondo i tre gradi di giudizio, sta scontando in carcere 21 ann i e due mesi per omicidio volontario in concorso. "Ma sono innocente e non sapevo nulla", ha sempre ribadito di fronte a un’accusa che all’opposto l’ha ritenuta il mandante di chi venne convinto ad agire materialmente: Gabriele Trombetta e Thomas Sanna , condannati a 16 e 14 anni, entrambi innamorati di Sonia.

E proprio attorno ai due, rei confessi e capaci di una serie di ritrattazioni, era costruita la richiesta di revisione. Innanzitutto una intercettazione ambientale tra Sosò e i due nella saletta della caserma dei carabinieri la cui trascrizione, per la difesa, non fu corretta, "inserendo nell’informativa solo tracce" con la conversazione che assunse così "un significato diverso dal reale". Poi le lettere inviate in carcere a Sosò da Sanna (e da Trombetta) che avrebbe sostenuto che "Sonia non sapeva niente" del piano diabolico. Dichiarazioni che, per il legale, "non avrebbero però avuto spazio nel processo". Così come il fatto che la stessa "diede per prima l’allarme, chiamò il 118, non omise informazioni e fornì subito l’indirizzo di Sanna; sarebbe stato più logico non dire nulla e attendere le indagini".

Trancianti le risposte dei giudici che, nel sottolineare l’inesistenza di "nuove prove", definiscono l’istanza della Bracciale "una mera rilettura alternativa dell’ampio compendio probatorio già accuratamente analizzato". Punto primo: l’intercettazione. I giudici ricordano come grazie alla "trascrizione integrale" della ’chiacchierata’ fatta da un perito nominato dal tribunale "si è potuto ricostruire con precisione anche cronologica quanto accaduto nella saletta dei carabinieri". Poi le lettere di Sanna, alle quali "non si può certo attribuire valore di novità sia perché coevi al processo, sia perché la linea accusatoria si fondava già sul fatto che lui e Trombetta fossero rei confessi". Infine sugli allarmi della Bracciale, anche questi "già ampiamente analizzati". Si pensi, chiude la Corte, "che non salì in ambulanza con il marito e si preoccupò subito di consegnare ai carabinieri le ricevute di versamento di Western Union, rimesse di denaro effettuate da Reatti sospettato dalla moglie di avere frequentazioni nell’ambiente della prostituzione".

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