Patrick Zaki all'UniBo, il discorso all'inaugurazione dell'anno accademico 2022

Lo studente si è collegato dall'Egitto, salutato da un grande applauso dell'aula magna

Patrick Zaki

Patrick Zaki

Bologna, 26 febbraio 2022 - Patrick Zaki si è collegato in video conferenza alla cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2021/2022 dell'Università di Bologna, salutato da un lunghissimo e commosso applauso dell'Aula Magna Santa Lucia. Il giovane egiziano è nella sua casa in Egitto, dove, dopo 22 mesi di carcere, attende di saper e come si chiuderà la sua vicenda giudiziaria

Ha parlato per alcuni minuti, in inglese, ecco il discorso integrale:

"Non so come iniziare questo discorso. È stato un lungo viaggio, ma anche una grande sfida. Un viaggio può essere anche definito una gita, ma non so decidere se questo è stato una gita o una trappola. Il viaggio è cominciato il 7 febbraio 2020 quando ho deciso di fare una breve vacanza per andare a trovare la mia famiglia, ma è finito con 22 mesi di prigione senza ragione, solo a causa del mio lavoro come difensore dei diritti umani e del mio attivismo politico. Quando sono stato arrestato mi sono sentito perso. Ho sempre continuato a pensare ai miei studi e alla mia borsa di studio. Avevo lavorato tanto per averla e continuavo a pensare che sarei stato rilasciato presto e sarei stato in grado di riprendere a studiare e ho sempre detto che volevo tornare ai miei studi.

Sono stato fortunato di fare parte della famiglia Unibo mentre passavo attraverso questa esperienza; la mia famiglia, la mia fidanzata e io non ci siamo sentiti mai soli.  Sin dal primo giorno siamo stati sommersi da un grande affetto attraverso chiamate, post, messaggi da tutto il mondo e specialmente da Bologna e dal resto d’Italia: tutti chiedevano di me e tutto questo è successo grazie alla posizione ferma che l’Università aveva deciso di tenere.

Ci sono stati da subito riflessi immediati grazie alle dichiarazioni, alle dimostrazioni e le chiamate attraverso gli organi istituzionali e governativi non solo in Italia, ma in tutta Europa e grazie al fatto che l’Università si è assunta una grande responsabilità rispetto al mio caso, menzionandolo ogni volta che era possibile ed esponendo la mia immagine in tutte le aule, le biblioteche e a tutti gli eventi, anche se non era richiesto che lo facesse.

Penso che la reale sfida sostenuta dall’Università - che mi ha fatto preoccupare - sia stato l’impegno continuo nella pandemia di covid. Quando controllavo i numeri dei casi pensavo che non sarei stato più una priorità, ma ho sempre perso la scommessa quando si è trattato di verificare l’impegno e la dedizione (per la mia causa). Voglio essere onesto, se l’università avesse preso un’altra decisione relativa al mio caso, nessuno l’avrebbe biasimata, ma anzi qualcuno sarebbe stato d’accordo con quel punto di vista che avrebbe evitato i problemi del far parte di un’equazione politica che non portava benefici, ma l’Università ha scelto di stare al mio fianco. Ha scelto di combattere per la libertà di espressione del suo studente e di lavorare come difensore dei diritti umani. Sarò sempre debitore all’Università e alla Città per aver fatto reso ben noto il mio caso in tutto il mondo, sulla scena accademica, politica, culturale e perfino sportiva.

Da quando sono stato rilasciato tutti riconoscono come l’Università di Bologna sia il vero cardine della conoscenza, una luce affidabile che agisce concretamente per i valori su cui si fonda e che insegna ai suoi studenti. Qualsiasi cosa io dica non sarà mai sufficiente a dimostrare ciò che provo per l’Università e per la Città di Bologna. La prima lezione del mio corso di studi trattava di utopia e distopia. Penso di aver vissuto una buia distopia ma grazie all’Università e alla Città è stata un po’ meno dura.  In prigione, quando mi sentivo giù, pensavo alla mia famiglia, all’Università e alla Città di Bologna e mi dicevo che dovevo resistere. Fino a quando mi hanno liberato mi sono sempre rifugiato nel pensiero di come sarebbe stato il momento del mio arrivo all’aeroporto e la riunione con la mia grande famiglia Bolognese. La libertà è un diritto inestimabile, sono grato per la mia libertà a tutti coloro che hanno combattuto ogni giorno perché io fossi di nuovo libero. Vorrei ringraziare i Rettori Francesco Ubertini e Giovanni Molari ed i Sindaci Virginio Merola e Matteo Lepore che non hanno mai smesso di tenere alta l’attenzione sulla mia situazione.   Oltre a tutti loro c’è una donna a cui devo tutto.  Un mentore, una professoressa, una donna che mi ha difeso e che è ora un membro della mia famiglia: la professoressa Rita Monticelli. Hai combattuto per me senza mai fermarti, come una madre farebbe per i suoi stessi figli. Non potrò mai ringraziarti per il tuo affetto e la tua gentilezza. Voglio dirti “grazie” anche se so che questa parola non sarà mai abbastanza. 

Vorrei anche ringraziare la mia compagna che ha scelto di battersi ed esporsi in prima persona per guidare la campagna “Patrick libero” mentre studiava e lavorava. È riuscita a gestire tutto questo e contemporaneamente a tenere insieme tutte le azioni che ci sono state in mio supporto tenendo alta la speranza del mio rilascio per 22 mesi senza mai dare un segno di cedimento. Ho anche la fortuna di avere una sorella forte, una madre fantastica ed un padre coraggioso.  Vorrei cogliere questa occasione per ricordare che ci sono ancora centinaia di prigionieri di coscienza. Vorrei poterli nominare tutti ma ci vorrebbero dei giorni per cui ho scelto solo alcuni nomi che vorrei ricordaste: Ahmed Samir, Alaa Abd El-Fatta, Ahmed Douma, Mohmaed Oxygen, Mohamed El-Baquer, Ziad El El-Eleimy, Hisham Fouad.

Dalla mia piccolissima cella ho sognato spesso questo momento: la prima parte del sogno si è avverata, la seconda si avvererà appena tornerò nella mia Bologna.

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