Politico, dirigente e sindacalista: Bologna piange l’amico D’Onofrio

Si è spento a 69 anni Serafino, si era ammalato a fine novembre e lo aveva raccontato con ironia al Carlino

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di Alessandro Gallo

Ironico, profondo e generoso. Tre aggettivi che forse non bastano per descrivere Serafino D’Onofrio. Ma c’è un vocabolo, nella sua semplicità, che li può riassumere tutti: amico.

Già, perché Serafino, napoletano trapiantato a Bologna dal lontano 1977, aveva preso il meglio dalle origini campane e dalla nuova vita padana. Il meglio delle due città: aveva assemblato i pezzi con pazienza certosina. E da questo insolito connubio – partenopeo e petroniano – era cresciuto l’uomo della solidarietà, il sindacalista impegnato, lo sportivo, il politico, il consigliere di quartiere.

Talmente ironico da riuscire a descrivere con una punta di umorismo, persino la genesi della malattia – manifestatasi a fine novembre –, quando ancora sperava di riuscire a vincere quel problema che lo aveva messo fuorigioco. Sul Carlino del 23 dicembre, Serafino si raccontava così: "Ogni dramma ha un inizio comico. Un formicolio al piede sinistro e sono andato a letto due volte con la pantofola. Ho deciso di cambiare pantofola e, invece, c’era da cambiare il piede o la testa. Poi ho scoperto di avere la testa più grande di Bologna, che non entra nella Risonanza magnetica dell’ospedale Sant’Orsola".

Sapeva ridere, Serafino, sapeva unire, con la sua umanità, mondi diversi, apparentemente agli antipodi. Nella stesso articolo aggiungeva: "Sono agnostico e radicalissimo. Però, sono stato circondato dalle preghiere di centinaia di persone. Hanno pregato per me tutti i ciellini di Bologna. Gente che sa il fatto suo e che invoca, per il chirurgo, la mano ferma e ispirata".

Una vita al servizio del prossimo, con la capacità di guardare lontano, di immaginare il futuro. Di sognarne uno migliore. Era stato così ai tempi del sindacato. Si era ripetuto ai tempi della presidenza del comitato regionale della federazione pallamano. E non aveva cambiato idea quando aveva accettato la sfida di assumere la presidenza dell’Aics, associazione italiana cultura e sport, realtà portata ai massimi livelli.

Chi lo conosceva bene spiega, con le lacrime agli occhi, il mantra di Serafino: "Non litigare con nessuno".

Che non vuol dire che fosse convinto sempre di avere ragione – troppo intelligente e, appunto, ironico, per essere presuntuoso – o che qualcuno, alla fine, dovesse in qualche modo cambiare idea. Ma che, comunque, sarebbe stato possibile trovare un punto di contatto.

Con Serafino ci si poteva discutere (quasi impossibile litigare), si poteva rimanere sulle proprie posizioni ma, alla fine di tutto, arrivava sempre, un abbraccio fraterno, quasi liberatorio.

Uomo di sinistra e di un’idea della politica praticata con il sorriso sulle labbra. Perché con i musi lunghi si va poco lontano. Con il sorriso di Serafino – un marchio di fabbrica – si poteva dar vita a progetti diversi. Dalla boxe di Santo Stefano con il pugilato riportato al Baratti ("allo Sferisterio", direbbe lui, profondo conoscitore della storia di questa città), all’idea di dedicare una mostra fotografica a Nerio Zanetti, il guru della pallavolo bolognese, nello stesso impianto.

"Ho un’idea, vorrei parlartene", diceva qualche volta al telefono. E sapevi che la volta dopo, di persona o ancora al telefono, quella idea che gli era venuta, aveva già trovato forma. Serafino aveva trovato uno spazio nel quale realizzarla, dei contributi per realizzare l’ennesimo sogno.

Poi l’operato come consigliere comunale e, anche in quella sede, il ricorso all’arma dell’ironia per presentarsi alla gente. "Non sono iscritto alla Massoneria, ma al Dopolavoro Ferroviario di Bologna e all’Associazione Luca Coscioni".

Politica, passione per il sociale, il mondo visto da sinistra (senza perdere il gusto per la critica), gli ideali di inclusione. Non c’era nulla che lo spaventasse. Anche quando, appunto, doveva mediare su posizioni inconciliabili. Laureato in legge, ma soprattutto cresciuto alla vecchia scuola. Quando c’erano querelle da risolvere, Serafino prendeva il telefono e chiamava. E cominciava il dialogo, con quella tipica cadenza napoletana che non lo aveva mai abbandonato.

E poi la fede, una fede laica nei valori del socialismo e della sinistra, che non gli impediva di confrontarsi con la fede religiosa. Sempre con il sorriso, con la voglia di comprendere il prossimo e aiutarlo. E la volontà di raccontarsi e raccontare il mondo, come faceva con ‘Il Marziano’, la rubrica settimanale che teneva sul Carlino.

Amava la carta stampata – agli amici regalava libri: "Una chicca, l’ho trovato su una bancarella e ho pensato che ti sarebbe piaciuto" –, ma degli articoli pubblicati sul nostro giornale si faceva tenere la versione pdf. Per raccogliere meglio i suoi pensieri, le sue idee.

Che oggi ci sembrano ancora perle di saggezza e buon senso. E che forse, da domani, ci mancheranno. Ma la presenza dell’amico di tutti e del suo sorriso, ci accompagneranno sempre.

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