Porro: "Fellini e gli altri, io li conoscevo bene"

Il critico cinematografico racconta i protagonisti del grande schermo oggi in Salaborsa con Farinelli. "Monica Vitti? Affinità elettive"

Porro: "Fellini e gli altri, io li conoscevo bene"

Porro: "Fellini e gli altri, io li conoscevo bene"

È una grande festa dello spettacolo il nuovo libro di Maurizio Porro Io li conoscevo bene. Il giornalista e critico milanese, sarà in SalaBorsa oggi alle 18 per presentare questo memoir travolgente in cui si intrecciano cinema e varietà, attori e registi spesso diventati amici, con Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca. Il volume edito da La Nave di Teseo a fine narrazione offre anche un dizionario dei personaggi incontrati e dei luoghi frequentati da Porro nel tempo , molti dei quali non ci sono più.

Porro, lei di libri sul cinema ne ha già scritti tanti, ma questo voleva distaccarsi dal resto? "Ho in effetti scritto libri più focalizzati su personaggi singoli, quello su Joseph Losey, Alberto Sordi, Alida Valli, il dizionario del Melò perché il genere mi sta a cuore, ma questo è qualcosa di diverso. È una specie di piano sequenza nelle cose che mi sono rimaste più in mente, attraverso un segmento storico che ammetto essere stato molto fortunato per la presenza di talenti che non abbiamo mai più visto, sia nel cinema sia nel teatro".

Il racconto è trainato da un flusso di coscienza, mai interrotto da capitoli. Che effetto voleva?

"È come una bibliografia, ma attraverso persone che ho conosciuto e amato e volendo fare emergere l’affetto, ho evitato la freddezza di sintetiche biografie. Sono molto fortunato per avere vissuto accanto, inteso da spettatore, a Visconti, Fellini, Streheler, persone di cui si è persa la matrice, e accanto a tanti attori. Tra le pagine ho raccolto soprattutto quelli con cui ho avuto dei rapporti".

Questi personaggi sono entrati nella sua vita e lei è entrato nella loro. Come è scattata questa intimità?

"È stata una cosa casuale. Ad esempio Fellini mi aveva preso in simpatia, io ero molto giovane, chiedevo un’intervista… con lui andava così, ad impressione, e mi disse proprio che quando fosse venuto a Milano mi avrebbe telefonato. Anzi, disse, vengo a cena da te se posso. Poi ha conosciuto mia madre e il risotto giallo che faceva. Con Mariangela Melato, che casualmente ho conosciuto la sera di Travolti da un insolito destino, è nata una simpatia un pochino cementata anche dal fatto che lei era milanese e aveva nostalgia di Milano e un po’ dal sense of humor che avevamo. Le era molto piaciuta una cosa che avevo scritto su di lei sotto falso nome, così, spontaneamente, abbiamo deciso di diventare amici. Monica Vitti mi faceva ridere, e viceversa, le raccontavo storie. Insomma, è una questione di affinità elettive e c’è qualcosa che lega oltre al fatto di essere uno spettatore e un ammiratore".

Il libro parte però dal teatro di rivista, forma di spettacolo molto dimenticata oggi ed è un’ode pure alle soubrettine, già dalle prime righe della prima pagina.

"La canzoncina con cui apro non ricordo da chi fosse cantata, ma si trattava di una soubrettina, ovvero una di quelle figure che nella rivista di una volta non erano certamente al centro dello spettacolo, ma avevano il compito di attivare l’attenzione dello spettatore. Erano in generale ragazze molto carine, abbastanza discinte – nella rivista si poteva fare, non c’era un controllo così tremendo–, che cantavano la canzoncina. Come quella che ho riscritto perché mi è rimasta in mente, come rimangono in mente cose che ci succedono quando sei giovane. Il mondo della rivista mi piaceva molto, mi ci portava mio padre e senza la rivista non ci sarebbe stata la commedia all’italiana, bisogna ricordarlo, perché Tognazzi, Manfredi, Chiari, Sordi, vengono tutti da lì".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro