
Il regista Francesco Frisari
"Mio zio e Lucio Dalla erano, potevano, dovevano essere la stessa persona. Tutti e due bassetti e pelosi, pieni di anelli e di catene, complicati, assurdi, creativi". Per il piccolo Francesco Frisari quella perfetta e impossibile somiglianza era cristallina. Il suo ‘Quale allegria’ - in concorso al Biografilm, in anteprima assoluta domani, alle 18,15, al Lumière - si basa su questa suggestione infantile. Da adulto decide di esplorare e documentare quella somiglianza tra lo zio Massimo, che ha una grave disabilità, e il cantautore bolognese. Lo fa anche grazie a immagini private di Dalla, per lo più inedite, che trasferisce sul grande schermo alternandole al racconto dei giochi e delle piccole ossessioni dello zio. A tenere insieme le due figure, fino a far credere allo spettatore che non sia solo una suggestione personale, è la voce di Frisari, che diventa il terzo protagonista della storia. E dai primi minuti appare chiaro, ovvio, che la vita quotidiana di zio Massimo abbia qualcosa di davvero straordinario. Sarà forse la ricerca continua di allegria, senza mai riuscire a trovarla. "Quale allegria, ti ho cercato per una vita senza nemmeno avere la soddisfazione di averti", cantava Dalla. E se Frisari non era mai riuscito a spiegare agli amici chi fosse davvero suo zio, con questo documentario lo fa. Come quando, per esempio, le rabbie improvvise di Massimo per non essere riuscito a fare l’albero di Natale che avrebbe voluto diventano i vocalizzi più furiosi di Dalla. E anche quella suggestione iniziale, che può far sorridere, acquista un senso profondo: "Vedere Dalla in mio zio era il mio modo per fuggire da lui e allo stesso tempo per avvicinarmici", spiega il regista. "L’accostamento è coraggioso – aggiunge Daniele Caracchi della Fondazione Lucio Dalla e Pressing Line – ma ci siete riusciti. Il film ha fatto guardare anche a noi Lucio con una luce diversa rispetto al solito. Un unico cruccio: se lo avesse visto lui, avrebbe sicuramente voluto farne parte".
Amalia Apicella