"Red Ronnie non diffamò Burioni: il suo era legittimo diritto di critica"

Lite sui vaccini, le motivazioni dell’assoluzione del dj oggi giornalista e opinionista "Continente e non offensivo"

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Dopo l’assoluzione dello scorso aprile, ora arrivano le motivazioni della sentenza sul caso di diffamazione di Red Ronnie (al secolo Gabriele Ansaloni) nei confronti del virologo Roberto Burioni. E dunque, il giudice Stefano Levoni sostiene che il fatto non costituisca reato, dato che Red Ronnie "esperto di musica con passato da dj, è oggi opinionista e giornalista" e ha quindi esercitato il proprio "diritto di cronaca e di critica" nel commentare una mail su Burioni ricevuta da uno spettatore dopo che i due erano stati ospiti alla trasmissione tv ’Virus’ (i fatti risalgono al maggio 2016) per discutere di vaccini.

Red Ronnie, scrive il giudice, ha pubblicato l’intero "screenshot della mail" cui ha posto "un commento di poche righe, senza inserire commenti offensivi, ma solo richiamando il contenuto della corrispondenza ricevuta". Inoltre, prima ha "effettuato ricerche per verificare se quanto riportato nella mail fosse vero o così potesse apparire", perciò "non può mettersi in dubbio la correttezza del suo operato". Dunque, l’opinionista ha trattato un tema "di rilevante interesse pubblico" in termini "evidentemente critici", senza "umiliare né offendere il professor Burioni" ledendone la dignità, e senza eccedere "il limite della continenza". Nel post in questione, seguito appunto all’acceso dibattito tra il virologo grande sostenitore della campagna vaccinale e dell’artista invece contrario, Red Ronnie aveva accusato Burioni di "ricerca di protagonismo" e di essere "legato a interessi economici".

Commenta così la decisione l’avvocato di Red Ronnie, Guido Magnisi: "La Corte europea dei diritti dell’uomo ha aperto la strada a sentenze recentissime della Cassazione che delineano nel giornalista il titolare del doverediritto di informare che si dovrebbe trasformare in un diritto di conoscenza informata e consapevole da parte del cittadino. Il giudice raccoglie e fa lucidamente sue queste linee interpretative. E, si noti, tanto più quando si tratta di problematiche di salute, questo dirittodovere di informazione si coniuga nella massima ricerca di ‘un consenso generalizzato’, da parte anche di chi colto non è".

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