Egitto, arrestato uno studente dell'Università di Bologna. "E' stato torturato"

Patrick George Zaky frequenta un master dell'Alma Mater. Era tornato in patria per le vacanze, nel mirino l'impegno attivista. Accusato di aver diffuso notizie false

Patrick George Zaky, attivista e ricercatore egiziano di 27 anni (Foto Dire)

Patrick George Zaky, attivista e ricercatore egiziano di 27 anni (Foto Dire)

Bologna, 8 febbraio 2020 – Un attivista e ricercatore egiziano è stato arrestato all'aeroporto del Cairo giovedì scorso. Patrick George Zaky, 27 anni, era partito da Bologna, dove frequentava da qualche mese un master in studi di genere dell'Alma Mater Studiorum.  Secondo la ong egiziana Egyptian Initiative for Personal Rights, il giovane è stato "picchiato, sottoposto a scosse elettriche, minacciato e interrogato su varie questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo".

Aggiornamento L'accusa: "Istiga al terrorismo"

Zaky era tornato in patria per trascorrere un periodo di vacanza a Mansoura, sua città natale. Ma, secondo quanto riferito alle agenzie di stampa da Amnesty International, è stato preso in custodia dalla polizia egiziana appena atterrato.

Di lui i familiari hanno detto di aver perso ogni notizia da giovedì notte fino a stamani, quando è stato riaccompagnato a casa. Dopo l'arresto, infatti, al ragazzo non sarebbe stata data la possibilità di contattare né i famigliari né un avvocato. Amnesty, in base alle informazioni ricevute da fonti sia nel capoluogo emiliano che al Cairo, riferisce che Zaky è stato arrestato per un ordine di cattura spiccato nel 2019, di cui lui però non era a conoscenza. 

L'accusa che la magistratura egiziana ha mosso contro Zaky è "pubblicazione e diffusione di false notizie sul proprio profilo Facebook", riferisce all'agenzia Dire Mina Thabit, responsabile dell'Egyptian Commission for rights and freedoms, l'ong per la quale Zaki collabora, e suo amico. E poi specifica: "Patrick è stato accusato di diffondere false notizie sui social media, spingere le persone a protestare contro le istituzioni, spingere le persone a sollevarsi contro le istituzioni e usare i social media in modo da danneggiare la sicurezza nazionale".  Le accuse riguardano fra l'altro "l'istigazione al rovesciamento del regime al potere".

"Non sottovalutiamo di aver fatto questo 'rumore' su Patrick George Zaky: è una deterrenza per chi pensa che nessuno nel mondo sappia cosa succede e che quindi crede di poterlo trattare come gli pare, come accaduto con Giulio". Così all'Ansa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, riferendosi all'allarme lanciato per l'arresto del ricercatore egiziano, studente a Bologna, e alla sorte di Regeni, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. 

A quanto si apprende da fonti della Farnesina, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio segue con attenzione, attraverso l'ambasciata al Cairo, la vicenda.

Da parte dell'Università di Bologna c'è la "massima attenzione" sul caso. Lo studente, secondo quanto si apprende, "non si trovava là per un incarico dell'Università, in quel caso - si spiega - l'avremmo saputo immediatamente, visto che monitoriamo i nostri studenti all'estero".

Sul sito Change.org è stata immediatamente pubblicata da un attivista una petizione online per fare pressione sul governo egiziano affinché liberi Zaky. L'appello ha raccolto in poche decine di minuti oltre un migliaio di adesioni.

"Mi associo alle preoccupazioni di Amnesty International e spero che si possano avere presto notizie rassicuranti sullo studente egiziano che sta frequentando un master nell'università di Bologna", afferma il sindaco di Bologna Virginio Merola. "Dal balcone del nostro Comune - aggiunge il sindaco - sventola lo striscione giallo per Giulio Regeni, anche per questo non possiamo essere indifferenti a quello che è accaduto". Gli fa eco il Governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: "Auspico che al più presto si possano avere notizie rassicuranti". "Si faccia tutto il possibile per avere informazioni sul ricercatore dell'Università di Bologna - aggiunge Laura Boldrini su Twitter -, dopo quello che è successo a Giulio Regeni, nessuno può dire 'non sapevamo'". 

Zaky è uno studente del master internazionale 'Gemma' dell'Università di Bologna, dedicato agli studi di genere e sulle donne. È iscritto al primo anno e aveva dato un esame proprio il 5 febbraio, prima di tornare in Egitto per visitare la famiglia. 'Gemma' è un master Erasmus unico nel suo genere in Europa. Supportato dalla Commissione Europea, nasce dalla collaborazione di otto atenei di sei nazioni diverse: Granada, Bologna, Budapest, Hull, York, Lodz, Oviedo e Utrecht. La durata è di due anni, il primo nella propria università e il secondo in una di quelle affiliate. Gli insegnamenti sono tenuti in italiano e in inglese.

"Patrick è sensibile a temi come uguaglianza, equità e rispetto, mi ha sempre colpito per il suo grande rispetto nei confronti di chi lo circondava - lo descrive così la coordinatrice del master Rita Monticelli -. Sono da ore al telefono, in contatto con tutte le istituzioni. In questi minuti ci stiamo coordinando con studenti e vertici dell'Università, per decidere come sostenerlo e aiutarlo in questo momento. Non lo lasceremo solo".

L'Agenzia Dire aveva contattato in passato Patrick Zaky in merito all'ondata di arresti che negli ultimi anni si stanno registrando nel Paese, e che colpiscono attivisti per i diritti umani, oppositori politici, giornalisti e perfino gli avvocati che si occupano di seguire questo genere di casi. Nel 2018 l'attivista aveva detto: "L'Egitto non è affatto un Paese stabile, né dal punto di vista socio-economico né delle libertà fondamentali. La gente non trova lavoro, il costo della vita continua ad aumentare e il governo fa di tutto per limitare gli spazi del dissenso". L'associazione con cui il giovane collabora "si batte per i nostri attivisti, ma anche per Giulio Regeni". "Condanniamo l'arresto di un attivista per i diritti umani, che ora rischia un periodo di lunga detenzione e torture" ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty alle agenzie.

"Ci aspettiamo un susseguirsi di ordini di detenzione di 15 giorni, rinnovabili più volte, - ha continuato Noury - e naturalmente in questa situazione di detenzione prolungata, con la scusa di condurre indagini, il rischio è che le condizioni detentive siano equiparabili a tortura, se non la tortura stessa". 

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