Trapianti di fegato Il Sant’Orsola: "Nel 2022 il nostro record con 124 interventi"

Il chirurgo Cescon: "Traguardo raggiunto grazie ai donatori, agli innovativi sistemi per la ripresa della funzionalità degli organi e all’organizzazione multidisciplinare basata sul lavoro di squadra"

di Donatella

Barbetta

L’anno record per i trapianti di fegato all’Irccs Sant’Orsola: 124 nel 2022.

A che cosa è dovuto questo risultato?

"Stabilire un nuovo primato, il precedente era del 2016 con 110 interventi, conferma l’efficienza e la bontà delle nostre eccellenze mediche e chirurgiche in una ’transplant city’, come potremmo ribattezzare la cittadella universitaria. Siamo fieri del raggiungimento di questo obiettivo, che non è solo un numero: tra l’altro 27 trapianti con criteri d’urgenza in pazienti in gravissime condizioni e 22 interventi eseguiti con donatori particolarmente delicati, quali quelli a cuore fermo", risponde Matteo Cescon, direttore dell’unità complessa di Chirurgia epatobiliare e dei trapianti.

Quali sono gli elementi che hanno portato a un traguardo così importante?

"Partiamo dalla grande generosità dei donatori e delle famiglie, senza di loro non potremmo fare nulla. Aggiugiamo i nuovi sistemi di perfusione di cui siamo dotati: garantiscono una ripresa della funzionalità degli organi impensabile fino a qualche anno fa. Adesso la perfusione ipotermica ossigenata, così si chiama, permette la circolazione nell’organo di sostanze che mantengono l’energia del fegato a bassa temperatura con aggiunta di ossigeno. E poi si riducono sempre più i tempi di ischemia, ossia i periodi in cui l’organo resta fuori dal corpo. Tutti questi elementi ci permettono di ricorrere anche a fegati che magari in altri centri non utilizzano. E quindi aumenta la nostra offerta".

Sono in crescita anche i pazienti?

"Sì, le malattie del fegato di tipo metabolico aumentano a causa degli stili di vita non sempre adeguati, come la scarsa attività fisica, le abitudini alimentari sbagliate che portano al sovrappeso, alla pressione alta, al diabete. Spesso si arriva alla cirrosi che talora può trasformarsi in un tumore primario del fegato. Quindi ci troviamo davanti a pazienti particolarmente complessi, anche cardiopatici".

Come affrontate queste situazioni?

"Con un’organizzazione multidisciplinare. Il lavoro di squadra è sempre alla base dei grandi risultati e tanti sono i professionisti che andrebbero menzionati. Tra di loro, Matteo Ravaioli, che ha avuto un ruolo determinante nel portare a termine una miriade di trapianti anche estremamente complessi, Antonio Siniscalchi, insostituibile capo di un robusto team anestesiologico, Mariacristina Morelli, nostra epatologa di riferimento, insieme alla sua squadra. Fondamentale anche l’efficienza del Centro regionale trapianti, diretto da Gabriela Sangiorgi".

Qual è il futuro dei trapianti di fegato?

"Andranno ulteriormente migliorati i sistemi di conservazione degli organi con elementi derivati da cellule staminali sia del donatore sia del ricevente: un campo che ancora attiene alla ricerca, ma l’applicazione clinica non è così lontana".

La ricerca che posto occupa?

"Una parte molto importante, perché le performance assistenziali si uniscono a livelli scientifici di rilevanza internazionale e alla capacità di attrarre fondi per la ricerca, come testimoniano i finanziamenti recentemente ottenuti, un milione e 100mila euro, per progetti competitivi nell’ambito del Pnrr".

Quali sono?

"Uno è guidato da Giovanni Barbara ed è finalizzato a ridurre le infezioni nel paziente trapiantato tramite il trapianto combinato di microbiota intestinale e trapianto di fegato. L’altro è un progetto multicentrico, di cui l’Irccs con Ravaioli è capofila, e punta a evitare le recidive del tumore dopo il trapianto. Il nostro impegno – conclude Cescon, recentemente nominato direttore della Scuola di specializzazione in chirurgia generale dell’Alma Mater – è anche quello di trasmettere ciò che possiamo ai giovani e già promettenti chirurghi di domani".

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