"Dicono che spaccio e
mi chiamano boss, ma l’unica emozione è che non ce la faccio". Yassin Labidi, ai domiciliari dopo l’operazione antidroga che pochi giorni fa ha coinvolto il Pilastro
di Bologna, affida i propri pensieri ad una lettera che oggi un suo amico
ha letto pubblicamente durante la conferenza stampa organizzata da Potere al popolo (presente anche la
madre di Yaya, Caterina Razza) in piazza Lipparini: cioè a pochi passi dalla palazzina di via Deledda dove vive la famiglia
di Yaya, scenario della celebre citofonata di Matteo Salvini nel 2020.
"Mio fratello è stato preso, mio padre è stato preso, il mio amico è stato preso, tutti i soldi del mondo non pagheranno il dolore, bestie. Chiamatemi boss se questo vi diverte, mani sporche di offerte, sconfitti a braccia conserte. Propaganda, propaganda", gli altri frammenti della lettera.
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