
Dacia Maraini, scrittrice: la sua è una lunga militanza per l’uguaglianza e i diritti
Una delle storie che più hanno colpito Dacia Maraini è quella di Marie Trintignant uccisa dalle percosse del compagno Bertrant Cantant, il cantante dei Noir Désir. "Perché – spiega la scrittrice – l’omicida non era un frustrato e né era poveraccio ma, al contrario, un uomo ricco e conosciuto. Ha via via isolato quella povera ragazza, l’ha maltrattata e infine uccisa. Questo smentisce l’idea che i femminicidi maturino soprattutto in contesti di disagio e emarginazione". Maraini, figura storica nella lotta per la parità dei diritti, ha recentemente pubblicato un libro che raccoglie decenni di suoi articoli sulla questione femminile: si intitola ‘Diario degli anni difficili. Con le donne ieri oggi e domani’ (Solferino) e viene presentato oggi alle 18 al Modernissimo dall’autrice in dialogo con Annamaria Tagliavini. La sua militanza ha radici lontane, ad esempio nell’esperienza del teatro femminista della Maddalena a Roma che risvegliò nei primi Anni ‘70 la lotta contro il patriarcato e i suoi stereotipi. "Allora – ricorda – il clima era diverso: c’erano più coesione, ideologia e compattezza. Ce l’avevamo sia con il fascismo che con il comunismo perché entrambi non tenevano conto dei diritti delle donne. Oggi è tutto liquido e confuso nella battaglia contro abusi che durano da millenni". Parlando di donne, lei svolge nel libro anche altre considerazioni sulla nostra società. Cosa le preme mettere in rilievo?
"Voglio dimostrare che questioni come quelle dell’immigrazione, delle carceri e delle violenze familiari sono da sempre emergenze e che quindi le cose non sono cambiate. Ho pensato a questa raccolta proprio per dimostrare che ci sono stati pochissimi mutamenti nella società e le ingiustizie sono ancora lì". Sostiene che la violenza contro le donne si può combattere solo sul piano culturale. Ma come?
"Bisogna cominciare a lavorare nelle scuole chiarendo che serve rispetto e che nessuna persona ci può appartenere. È l’idea del possesso maschile che va messa in discussione. Il femminicidio, parola che fino a poco tempo fa non esisteva, comincia con la rivendicazione da parte delle donne della propria autonomia e questo mete in crisi l’identità virile di alcuni uomini. Fortunatamente non di tutti".
I personaggi che ha descritto nei suoi romanzi risentono di questo clima? "Certo. La realtà delle donne è cambiata quando sono potute entrare in professioni fino ad allora a loro proibite, e hanno potuto assumere responsabilità. Questo ha allarmato i maschi dalla mentalità arcaica. I nuovi antropologi sostengono che la parità è venuta a cadere quando, dopo l’epoca delle caverne, gli uomini hanno scoperto, con la coltivazione, l’idea della proprietà. È in quelle tribù che si è definito il ruolo subalterno della donna, che non poteva competere sul piano della forza fisica con il compagno".
L’avvento delle nuove tecnologie ha quindi rilanciato il tema della parità? "È così. Con l’avanzamento degli strumenti legati all’intelligenza e alla creatività è arrivato il grande cambiamento. Ora democraticamente tutti, in larga parte, possono fare tutto senza distinzione di genere. Credo che la lotta al patriarcato sia simile alla lotta di classe".
Nel libro parla di un quadro di Frida Kahlo in cui si vede una cerva con il volto di donna trafitta nel corpo dalle frecce. Cita altre artista? "A parte Frida, a cui solo di recente il femminismo ha dato una ribalta, mi piace parlare di Camille Claudel, straordinaria scultrice fatta rinchiudere immotivatamente in manicomio. Lei ha scritto lettere toccanti che dimostrano una forte lucidità. Il fratello Paul, pur essendo poeta e scrittore, ha voluto tenerla reclusa nonostante il parere contrario dei medici. Era spaventato dalla sua indipendenza".