Mostra Noi Bologna, dalla ribellione studentesca del ’77 a Dalla, Morandi e Guccini

I visitatori si trovano davanti alle immagini surreali dei carri armati e anche ai volti di Freak Antoni, Caterina Caselli e dell’Equipe 84

Fabrizio Ghiretti e Pierluigi Solazzo davanti alle foto della strage del 2 agosto

Fabrizio Ghiretti e Pierluigi Solazzo davanti alle foto della strage del 2 agosto

Bologna - E’ stata la città che con la ‘Filuzzi’ ha accompagnato la transizione della civiltà contadina a quella dei centri abitati. Per diventare subito dopo il luogo del primo beat, delle bande che sognavano di essere sul set di Blow Up di Michelangelo Antonioni, di musicisti come Dodi Battaglia che, prima che nascessero i Pooh, si ritrova sullo stesso palco di Jimi Hendrix, ad aprire il suo concerto al Paladozza.

Dove Lucio Dalla suonava swing con la band di Pupi Avati e si classificavano al primo posto nei festival jazz internazionali come quello di Cap D’Antibes. Una storia emozionante, sino al recente riconoscimento di Bologna Città Creativa della Musica Unesco, che ’Noi’ ripercorre, partendo dai giorni che precedevano il boom economico a oggi.

I protagonisti ci sono tutti, spesso inconsapevoli di contribuire, con la loro arte, alla scrittura della storia quotidiana, grande e piccola, della città. Come quando dalle ceneri del movimento di ribellione studentesca del 77, emerge la prima scena del rock indipendente italiano, proprio grazie al lavoro di etichette create da giovanissimi universitari, come la Italian Records, che registrerà i dischi degli Skiantos. Una avventura che in mostra è documentata da una vecchia radio a transistor sintonizzata sull’ultima trasmissione di Radio Alice, mentre al fianco sfilano le immagini, che viste oggi sembrano surreali, di una città occupata, quasi fosse sotto assedio, con i carri armati in piazza.

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A fare da gioioso contrappunto proprio il volto, la posa sarcastica di Roberto ‘Freak’ Antoni, il poeta e cantante, l’inventore del rock demenziale, il leader degli Skiantos, che è forse l’immagine maggiormente identitaria di una esposizione che, volendo raccontare la relazione tra le ‘canzonette’ e gli eventi che hanno segnato la società, non poteva non soffermarsi su quella scena.

Che è anche ricordata con il ‘leggendario’ concerto Bologna Rock dell’aprile 1979 al Palazzetto dello Sport. Punto di arrivo di una ondata che, per i curatori della mostra, inizia negli anni ’60 dei successi di Gianni Morandi che, dopo aver fatto innamorare legioni di ragazzine con le sue canzoni che mettevano d’accordo madri e figlie, accetta di interpretare quella che diventerà un classico della canzone di protesta, ‘C’era un ragazzo che come me’, poi portata al successo globale dall’interpretazione di Joan Baez.

Un’altra Bologna, forse più ingenua e apparentemente spensierata di quella del 77, che però aveva già scoperto le vertigini beat con Caterina Caselli, l’Equipe 84 e con il giovane Guccini prima della consapevolezza sociale, che ’Noi’ ci ricorda accompagnandoci nel percorso che porta proprio agli echi del ’68 con le note de La Locomotiva.

E’ l’inizio di un viaggio che farà di Bologna la città italiana della musica per eccellenza. Ecco, la speranza, nella mostra, è affidata alle parole del capolavoro di Lucio Dalla, ‘L’anno che verrà’, quella lettera a un amico scritta per ‘distrarsi un po’ che fa fermare i visitatori, impressa su un supporto luminoso che simboleggia un giradischi. La puntina scorre e la Bologna amata dal cantautore subito si  materializza a Palazzo Belloni. 

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