Rocchetta Mattei Bologna, spunta un bassorilievo di Jacopo della Quercia

Scoperto da uno studioso un tondo che raffigura il ritratto equestre del capitano Niccolò Ludovisi, attribuito allo scultore

Il bassorilievo attribuito a Jacopo della Quercia (FotoSchicchi)

Il bassorilievo attribuito a Jacopo della Quercia (FotoSchicchi)

Bologna, 2 maggio 2019 - E' stato attribuito allo scultore Jacopo della Quercia (1374-1438) un bassorilievo recentemente ritrovato alla Rocchetta Mattei di Grizzana Morandi. L'opera è un tondo in pietra calcarea ed è stata identificata come il ritratto equestre di Niccolò Ludovisi, insigne capitano bolognese. L'opera si caratterizza come realizzazione della tarda produzione bolognese del celebre scultore senese, tra il terzo e quarto decennio del XV secolo, quando ormai aveva portato a compimento la sua sintesi fra la scultura gotica di Giovanni Pisano e quella borgognona. Il capolavoro è stato presentato oggi a Casa Saraceni a Bologna, sede della Fondazione Carisbo, dal presidente della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Carlo Monti, e dal presidente di Genus Bononiae-Musei nella Città, Fabio Roversi Monaco. L'attribuzione è stata illustrata da Paolo Cova, referente scientifico della Fondazione Carisbo sulla Rocchetta Mattei, autore del ritrovamento. "Oggi sappiamo finalmente che, nonostante la dispersione della tomba di famiglia cui apparteneva, il ritratto equestre di Niccolò Ludovisi non è mai andato perduto, già custodito 150 anni fa in uno dei luoghi più fiabeschi dell'Appennino bolognese", ha spiegato Paolo Cova.

È in questo inconsueto scenario che è avvenuta la scoperta dell'opera grazie a Paolo Cova, giovane studioso formatosi all'Università di Bologna, con un'intensa attività di ricercatore e divulgatore, incaricato dalla Fondazione come referente scientifico e coordinatore delle attività didattiche della Rocchetta Mattei. "Tutto è iniziato nella Biblioteca dell'Archiginnasio - ha accontato Cova - quando consultando un documento ho visto un disegno, abbozzato velocemente da un erudito del Settecento, che rappresentava la quattrocentesca tomba di Niccolò e Giovanni Ludovisi nel Chiostro dei Morti nella Chiesa di San Domenico a Bologna, un'opera che si riteneva dispersa da quasi due secoli. All'epoca mi occupavo di altro e la cosa non ebbe seguito ma quando, diverso tempo dopo, per caso sono andato a visitare la Rocchetta, l'ho subito riconosciuto: il cavaliere che brandiva la spada sul cavallo impennato era lui, Niccolò, ispirato alla cosiddetta immagine del Marte guerriero". L'intuizione ha trovato numerose conferme in seguito sfociate nella recente attribuzione a Jacopo della Quercia, sia nell'analisi tecnica e stilistica (allo stile rimandano l'espressionismo del cavallo e del cavaliere, il classicismo e la nitida modellazione della muscolatura, elementi che più tardi avrebbero incantato Michelangelo Buonarroti) sia nel restauro, che ha evidenziato tracce di missione sottostante alla perduta doratura, con la valutazione entusiastica di alcuni dei maggiori studiosi di scultura toscana del Rinascimento.

Il tondo non è l'unica opera proveniente dal chiostro di San Domenico finita alla Rocchetta: sempre nel cortile d'onore il balcone della Stanza del Papa è sorretto dalle mensole dell'arca di Giovanni da Legnano realizzate tra il 1383 e il 1386 da Jacobello e Pier Palo dalle Masegne. Con la soppressione degli ordini monastici seguita all'Unità d'Italia, molti dei monumenti funebri presenti in San Domenico furono smantellati e venduti. Così Mattei si sarebbe procurato i 'pezzi' più prestigiosi da collocare nel cortile d'onore.

"Potrebbe essere la riproduzione di un sigillo, ce n'erano molti nel Medioevo. Una volta impresso la figura risulterebbe orientata dalla parte opposta", nota Franco Cardini, medioevalista, docente emerito dell'Università di Firenze. Cova ha una spiegazione. Jacopo della Quercia si sarebbe ispirato ad una statua leggendaria per la storia di Firenze, il Marte Guerriero, trascinato via dalla piena dell'Arno del 1333. Nei codici medioevali e tardo medioevali, il dio pagano, protettore della città fino alla conversione al cristianesimo e all'adozione del santo patrono Giovanni Battista. "Marte guerriero è raffigurato rivolto verso destra per dargli un significato negativo, in quanto era considerata una statua funesta dai fiorentini: il vecchio protettore della città che non ha mai perdonato di essere stato rinnegato", puntualizza Cardini.

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