Philip Morris autorizzata a vendere le sigarette Iqos negli Usa

La sigarette di nuova generazione vengono prodotte a Crespellano. L'ad Hannappel: "Oltre che per noi, questa è una grande opportunità per il tessuto produttivo"

Iqos (Ansa)

Iqos (Ansa)

Valsamoggia (Bologna), 3 maggio 2019 - Dagli Stati Uniti a Bologna e ritorno. Potranno essere commercializzate e distribuite anche oltreoceano, dopo l’autorizzazione da parte della Food and Drug Administration giunta tre giorni fa, le sigarette di nuova generazione che adottano il sistema Iqos, prodotte da Philip Morris International nello stabilimento bolognese di Crespellano. Il parere dell’ente di vigilanza americano è il primo pronunciamento positivo ottenuto negli Usa da una tecnologia di riscaldamento del tabacco.

Secondo la Fda scaldare le foglie anziché bruciarle genera quantitativi minori di sostanze tossiche per l’organismo rispetto alle sigarette tradizionali, rilasciando un livello quasi equivalente di nicotina e rendendo concreta, così, una futura piena conversione del mercato.

Se la multinazionale può gioire per l’approdo al secondo mercato mondiale del settore, festeggia anche buona parte del sistema industriale regionale. L’investimento di Philip Morris a Crespellano è stato uno dei maggiori sviluppati negli ultimi anni in Emilia-Romagna: vale complessivamente un miliardo di euro, per circa 1.200 posti di lavoro. Senza considerare l’indotto.

«Oltre che per noi – sottolinea l’ad di Philip Morris Italia, Marco Hannappel – si tratta di una grande opportunità per tutto il tessuto produttivo italiano collegato allo stabilimento di Bologna, che per ora resterà il solo a produrre gli heatsticks di Iqos». L’ok targato Usa in effetti fa tirare un sospiro di sollievo ad altre grosse aziende del territorio.

Come la bolognese Gima TT, spin-off della multinazionale Ima attivo nel packaging delle sigarette di nuova generazione, che ha tra i maggiori clienti proprio Philip Morris: sbarcata a Piazza Affari nel 2017, Gima TT ha visto crollare, dal 2018, il valore del titolo. Qualche giorno fa, in occasione dell’assemblea degli azionisti, l’ad Sergio Marzo aveva detto di aspettarsi un calo di fatturato nel 2019, dovuto all’andamento di Iqos. Ieri il titolo ha chiuso la giornata a 8,68 euro, +22,8% (era stato bloccato per eccesso di rialzo sul +29%).

«Una solida valutazione pre-mercato è parte della nostra missione volta a proteggere la società», commenta J.D. Mitch Zeller, direttore del Centro per i prodotti del tabacco della Fda, puntualizzando come «l’autorizzazione non sia sinonimo di sicurezza, ma reputi ugualmente la commercializzazione appropriata, tenendo conto dei rischi e dei benefici per la popolazione nel suo complesso». La decisione non riguarda la richiesta di Philip Morris all’authority per ottenere l’etichettatura di «prodotti a ridotta esposizione o a ridotto rischio», su cui l’azienda afferma di essere al lavoro. Ma l’ad di Philip Morris International, André Calantzopoulos, parla di «un importante passo avanti per i circa 40 milioni di uomini e donne americani fumatori, alcuni dei quali smetteranno, mentre altri, come i 7,3 milioni di persone che lo hanno già fatto, passeranno completamente ad Iqos».

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