Marco Di Vaio: "Ho il Bologna nel cuore, i rossoblù vi stupiranno"

Il ds a cuore aperto: "Arnautovic resterà con con noi per tanti anni. La nostra volontà è di non cedere più nessuno. Il mio sogno? Che la squadra giochi in Europa"

Bologna, 29 luglio 2022 -  In un’intervista del dicembre 2015, il nostro grande Stefano Biondi gli domandò: "Come si sta dietro la scrivania?". "Scomodi", rispose Marco Di Vaio. Da qualche settimana aveva smesso di spaventare gli avversari, e forse, per la prima volta, era spaventato lui. Da un ruolo nuovo, sconosciuto. Club manager: etichetta che voleva dire tutto e niente. Sette anni dopo, passando attraverso aspettative e tempeste, Di Vaio è ancora lì, nel suo Bologna, ma con una qualifica più pesante e precisa: direttore sportivo. "Mi ci sono abituato alla scomodità", dice sorridendo.

Il direttore sportivo del Bologna, Marco Di Vaio, 46 anni (Schicchi)
Il direttore sportivo del Bologna, Marco Di Vaio, 46 anni (Schicchi)

Marco, c’è più pressione da calciatore o da dirigente?

"Assolutamente più da dirigente. Perché da capitano e da simbolo riuscivo a esprimere me stesso, quello che sapevo fare, era una cosa diretta. Dopo, invece, non sono mai stato io il principale attore nelle scelte, nelle trattative. E’ stato più difficile, anche per gli errori che ho fatto. Le aspettative dei tifosi che io, probabilmente sbagliando, ho cavalcato: sei stato capitano, allora pensi di incidere da dirigente, invece non è assolutamente così. La gente pensava che da fuori potessi dare quello che davo in campo, invece c’era bisogno di una crescita, di prendere consapevolezza del ruolo. Dopo l’annata durissima di Pippo (Inzaghi nel 2018-19, ndr ) è arrivato Sabatini e a quel punto, ho deciso di mettermi dietro: forse avrei dovuto farlo prima perché non puoi mantenere le aspettative della piazza se non sei tu il diretto responsabile. Poi credo di aver aiutato tanto il club, i giocatori. Ma non sono stato davanti, non potevo fare quello che ho fatto da capitano".

C’è stato mai un momento in cui ha pensato di lasciare il Bologna?

"No, ma tante volte sono stato male, per quello che è successo e si diceva, quello che è uscito, gli striscioni, le croci, i comunicati. Ma l’amore per questo club mi ha fatto andare avanti. Lo dico sempre: non penso che quello che ho passato qui lo potrei sopportare da altre parti. Ma non ho mai pensato di lasciare. In questo momento credo di poter fare questo lavoro soltanto qua".

Bologna Fc mercato, gli occhi del Torino su Barrow - Bologna Fc mercato: Theate - Rennes, è fatta

Qual è la difficoltà più grande del suo ruolo?

"La gestione umana. Uno può pensare che essendo stato calciatore e venendo dallo spogliatoio sia più facile. Invece no".

Lei ha fatto tanta gavetta, all’ombra di nomi pesanti. Il primo, Corvino. «Una montagna troppo alta da scalare per me».

"Sì, non ero pronto, non avevo esperienza. E’ stata dura trovarmi di colpo a lavorare con uno che ha fatto la storia di questo ruolo, uno con le sue caratteristiche, anche caratteriali. Ma non sarei stato pronto anche con un Bigon che è l’opposto di Pantaleo. Riccardo mi ha fatto vivere tutto di questo ruolo: le trattative, i rapporti con il tecnico, le riunioni. Con lui ho fatto un’evoluzione completa, mi ha fatto fare il capo scouting e mi è servito molto: è fondamentale conoscere tanti campionati e tanti giocatori per la filosofia che ha questo club".

E poi Sabatini…

"Walter è diverso da tutti, guarda al calcio con una visione romantica, con gli occhi di un ragazzo. Io non mi sono ancora innamorato di un giocatore: lui si innamova e disinnamorava di tanti nella stessa sessione di mercato. Con lui ho visto un mondo diverso, affascinante, ma lontano dal mio".

Chiude il cerchio Sartori.

"Giovanni lega la vecchia e la nuova generazione. C’è un grande confronto tra noi. Lui sono trent’anni che fa calcio: ha tantissimi contatti e scout, gira sempre, è al telefono tutto il giorno".

C’è una trattativa che ricorda più delle altre?

"Sicuramente quella che ci ha fatto dormire di meno è stata quella di Skov Olsen, prima per farlo arrivare, poi per cederlo. Perché eravamo tutti convinti di aver preso un grandissimo talento e che perderlo sarebbe stato un grandissimo peccato. Poi non ha avuto quel successo che tutti noi pensavamo: è andata così. Un’altra che ricordo bene è Tomiyasu: venne qua direttamente dalla Coppa America, poi due giorni interi a lavorare con i traduttori e gli agenti giapponesi per spiegare e chiarire ogni virgola del contratto. Alla fine eravamo pronti per fargli fare le visite mediche e invece lui ci ha detto: no, aspettate un attimo, devo andare a casa, parlare con la famiglia. Ci ha tenuto dieci giorni in attesa. Ma ne valeva la pena".

Tomiyasu viene evocato spesso dai tifosi che, specie ora, dopo tre cessioni, hanno paura di un ridimensionamento: che Bologna devono aspettarsi?

"C’è la volontà del club di continuare a crescere, di raggiungere l’obiettivo minimo chiesto dal presidente Saputo: assestarsi sulla soglia dei 50 punti che ci permette di porre le basi per un Bologna che possa poi lottare per l’Europa. E’ un obiettivo per noi".

Però sono partiti tre titolari.

"Le cessioni di Hickey e Svanberg erano in previsione. Mattias non voleva rinnovare, dispiace perché l’avremmo venduto comunque, ma magari avrebbe potuto contribuire alla crescita del club con una cessione migliore. Con Aaron abbiamo anticipato il problema: sapevamo che sarebbe voluto andare via, quindi abbiamo colto l’occasione del Brentford. Ma secondo noi il suo valore sarebbe potuto diventare anche più alto, se lui ci avesse dato la possibilità di andare avanti insieme. E infine è successo quello che nessuno si aspettava...".

Theate.

"E’ arrivata un’offerta molta alta per un giocatore che ha fatto solo un anno qua da noi. Ha pesato la volontà del ragazzo di confrontarsi in Europa, anche in ottica dei mondiali. Non ci piaceva l’idea di cederlo, ma come spesso capita, quando non vuoi una cosa, si presenta nella condizioni migliori. In quattro giorni siamo passati da un’offerta normale a un’offerta importante. Ma con Arthur si chiude la campagna trasferimenti in uscita. Perché c’è la necessità e la voglia di costruire un Bologna competitivo".

Quindi Arnautovic resta?

"Sì, abbiamo parlato con il fratello. Marko lo vedo molto dentro alla squadra e al progetto, conosce tanti giocatori: se può, ci dà una mano; resterà con noi tanti anni. La volontà nostra da qui in avanti è di non cedere più nessuno".

Credete ancora in Barrow?

"Sì, crediamo tanto in Musa, come crediamo in Vignato e in Orsolini: sono tre giovani che non hanno dimostrato appieno il proprio valore: se trovano la continuità, possono darci una grossa mano".

In difesa può arrivare un nome importante?

"I nomi sono quelli, ma ce ne sono anche altri: la volontà è trovare due giocatori che alzino il livello della squadra. In questo momento bisogna fare le cose un pochino più in fretta perché i pericoli sono dietro l’angolo".

La gente è anche preoccupata che alla lunga la lontananza di Mihajlovic possa pesare.

"La nostra storia dimostra il contrario. Questo è un gruppo molto sano, allenato da uno staff molto preparato, gente serie e credibile, si è formata una relazione speciale. Hanno dimostrato di poter sopperire a un’assenza enorme come quella del mister. Ma la grandezza dell’uomo Sinisa costringe tutti noi ad avere una responsabilità in più verso di lui, ci mette a confronto con la nostra anima: non possiamo tradirlo, né metterlo in difficoltà. E quindi dobbiamo dare anche di più".

Ha un sogno da direttore sportivo?

"Vedere un giorno il Bologna giocare in Europa".

E quant’è lontano quel giorno?

"Dipende da tanti fattori, il calcio è molto veloce: quello che può sembrare molto lontano oggi, domani può essere vicino. Siamo fieri del club che abbiamo costruito, serio, credibile: in Europa possiamo sederci al tavolo con tutti. Certo, pensavamo di poter essere più avanti, sì, ma abbiamo costruito tanto, ed è qualcosa di stabile, fa parte del dna di questa società. La volontà è di continuare a crescere e fare quel salto che ci porti a lottare per l’Europa".

Un Ilicic aiuterebbe?

"Il fatto che possiamo parlare di un giocatore così dimostra quello che ho appena detto sulla nostra crescita. Vedremo. Da sogno va trattato come tale. Prima bisogna fare le cose concrete".