Bruce Springsteen e Leo Meconi. "Ora sono Guitar Man"

L’incredibile storia del quindicenne bolognese che il Boss ha chiamato sul palco

Bruce Springsteen e Leo Meconi insieme sul palco a San Siro

Bruce Springsteen e Leo Meconi insieme sul palco a San Siro

Bologna, 4 agosto 2019 - La poetica della strada, delle lunghe strisce di asfalto che attraversano distese verdi infinite, ma trasportata in una dimensione locale. Crescere ascoltando la musica delle star del rock mondiale, a volte, genera passioni dai risvolti imprevedibili. Come è successo al giovanissimo bolognese Leo Meconi, oggi quindicenne, studente al liceo musicale ‘Lucio Dalla’, al quale i genitori hanno trasmesso, sin da bambino, l’amore per le canzoni di Bruce Springsteen. Sino a quando si è ritrovato sullo stesso palco del Boss, a imbracciare una chitarra intonando insieme Dancing in the Dark. Una storia incredibile che ha generato, per adesso, un disco d’esordio, 20 tra brani sui e cover, che Meconi ha presentato dal vivo alla Fonoprint Arena di Fico Eataly World

Meconi, quando nasce la sua relazione con la musica di Springsteen? «La prima volta che i miei genitori mi hanno portato con loro ad ascoltare il Boss avevo un anno, era un concerto a Berlino, naturalmente non ricordo nulla, ma quando lo abbiamo ricordato, con Springsteen, a lui piace immaginare che lì ci sia stata il mio imprinting springsteeniano».

Lo avete ricordato insieme? Quindi la sua frequentazione con il grande artista è costante? «Quando sono cresciuto, avevo 7 anni, ho iniziato a coltivare un sogno: quello di essere chiamato dal Boss a suonare con lui. Così, ogni volta che era possibile, con la mia famiglia, lo abbiamo inseguito nei vari tour e finalmente una sera lo abbiamo incontrato nell’albergo dove alloggiavamo, noi e lui. Gli ho raccontato del mio desiderio. Come se fosse normale, e come se ci conoscessimo da sempre, mi ha promesso che lo avrebbe fatto. Questa è la sua grandezza, al di là del fatto artistico, essere uno di noi, un compagno di viaggio, uno che non si stupisce se uno sconosciutio gli chiede di condividere con lui il palco».

E così è stato? «Il giorno dopo al concerto mi ha riconosciuto tra il pubblico e mi ha portato su con lui. Ma ho solo fatto i cori in un brano. Era a Firenze nel 2012…».

Solo? «Un sogno che si è concretizzato altre volte, anche a Città del Capo. Sembravo quasi il suo corista stabile…».

Ma niente chitarra... «Fino al suo live a San Siro, il 5 luglio 2016. Qui è davvero avvenuta la magia. Springsteen mi vede, mi chiama, salgo sul palco e lui mi dà una delle sue meravigliose chitarre, annunciando a 70mila persone che lo avrei accompagnato inDancing in the Dark. Dopo un breve smarrimento, ho iniziato a suonare. Lui mi ha definito ‘Guitar Man’, esortandomi a diventare come lui».

E lei ci prova... «Come non farlo, dopo aver ricevuto una suggestione così da un artista come lui? Guitar Man è diventato il titolo della mia prima canzone originale, alla quale sono seguiti molti altri brani, tutti cantati in inglese, alcuni contenuti nel disco che presento in un concerto dove mi esibisco da solo, accompagnato dalla mia chitarra, a Fico».

Una carriera agli esordi che lo vede affiancato da un altro chitarrista. «Le canzoni sono piaciute a Dodi Battaglia, che ha voluto produrre per la sua casa discografica, Azzurra Music, anche il mio disco di soli inediti, che uscirà entro il 2019».

Sempre con la benedizione di Springsteen? «Siamo andati a New York lo scorso novembre per i concerti che ha tenuto a Broadway e gli ho portato il disco. Ha promesso di ascoltarlo e speriamo mi contatti presto. Mi piacerebbe averlo come ospite nell’album».

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