"Lucio Dalla e Massimo Osti: imprendibili"

Daniela Facchinato parla del documentario che racconta l’amicizia tra l’artista e il fondatore di C.P. Company

Massimo Osti (Massimo Osti Archive)

Massimo Osti (Massimo Osti Archive)

Bologna, 3 marzo 2021 - L’obiettivo che lo coglie alle spalle è quello dell’amico Luigi Ghirri, maestro internazionale della fotografia e suo compagno di viaggi tra la ‘Bassa’ emiliana e le metropoli americane. Una immagine simbolo di una relazione umana e professionale, quella con Massimo Osti, inventore del ‘brand’ di moda bolognese, alla quale è dedicato il documentario Lucio Dalla e Massimo Osti. IMPRENDIBILI. Un lavoro frutto di un laboratorio aperto agli studenti del Dams e del Naba, insieme alla Fondazione Dalla, e girato con il prezioso contributo della moglie e stretta collaboratrice dello stilista, scomparso nel 2005, la fotografa Daniela Facchinato . Il corto sarà visibile da domani sui canali social della Fondazione e di C.P. Company (50.cpcompany.com e www.fondazioneluciodalla.it).

Signora Facchinato, il documentario ricostruisce una storia di legami e di creatività poco nota, ma vivacissima. "Massimo e Lucio entrarono in sintonia subito. Fui io a farli conoscere. Entrambi erano degli innovatori, delle personalità visionarie che, con leggerezza, quasi inconsapevolmente, lavoravano nel presente ma erano già nel futuro. Osti, con una moda che non esisteva allora, che riconsiderava l’immagine maschile traendo ispirazione da quello che era considerato anti moda. Penso ai parka indossati durante le manifestazione studentesche. Lucio scrivendo canzoni e musiche senza tempo. La collaborazione nacque come conseguenza di una profonda amicizia, come racconta il documentario".

Come si sviluppò questo rapporto? "Massimo ‘usava’ Lucio come modello, cuciva per lui dei capi unici, come la tunica che indossava per il tour Dalla-Morandi. Il concerto iniziava con il cantante a letto, il pubblico lo seguiva mentre si svegliava, aspettava l’arrivo di Morandi e duettavano insieme. In occasione della data al Teatro Valli di Reggio Emilia, scattai un servizio fotografico con Dalla come testimonial per i capi C.P. Company".

Osti ha lasciato le sue tracce anche su molti dischi di Dalla. "Sì, Massimo Osti veniva dalla grafica pubblicitaria, la moda era arrivata dopo. E ritornò a quella vecchia passione per disegnare la grafica di molte copertine di dischi di Dalla, come Henna e Cambio . Insieme pensarono anche a un sontuosissimo libro fotografico, in archivio abbiamo tutte le foto delle prove di stampa, ma non fu mai pubblicato perché avrebbe avuto un prezzo di copertina troppo alto. Ci sono anche delle t shirt che Massimo dedicò all’amico e che, in occasione dei 50 anni dalla nascita di C.P. Company, che festeggiamo proprio nel 2021, vorremmo produrre nuovamente".

Tutto questo avveniva all’interno di una dimensione amichevole... "I due si frequentavano moltissimo. Ricordo una notte del 31 dicembre, avevamo organizzato una festa nella nostra casa sui colli. C’era la neve, le macchine con gli ospiti non riuscivano a raggiungerci. Lucio, che aveva appena acquistato uno dei primi Suv in circolazione, si offrì di fare da navetta. E iniziò ad andare su e giù tra la nostra abitazione e il centro per portare persone che non aveva mai visto nella sua vita. Dopo l’ultimo viaggio proprio allo scoccare della mezzanotte, crollò, stanchissimo, e andò a dormire".

C’era anche altro, oltre alle affinità artistiche, a unirli? "Sia Massimo Osti che Lucio Dalla condividevano una condizione personale molto particolare, che li ha fatti sentire vicini in maniera ancora più forte. Entrambi avevano perso il padre da piccoli ed erano stati allevati da madri sole ma energiche. E questo ha sicuramente contribuito a farli diventare le personalità cosi importanti che sono state".

In che maniera ha collaborato alla stesura del documentario? "Da un lato con la mia testimonianza, unita a quella dei tanti amici in comune, dall’altro con molte mie foto. Non solo ritratti di Lucio, ma tante immagini che documentano l’incredibile vitalità, sociale e artistica della Bologna tra gli anni ’70 e gli ’80, quando, per un periodo irripetibile, sembrava che la città aspirasse a diventare un riferimento obbligato della scena culturale internazionale più all’avanguardia. Penso a iniziative come le settimane della performance e ai concerti del migliore rock d’avanguardia mondiale che regolarmente arrivavano, prima che in altri posti, proprio a Bologna. Massimo e Lucio sono stati testimoni e protagonisti di quella stagione così felice".

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