Mengoni, tour 2019 a Bologna tra raggi laser e monologhi

L'artista in concerto il 30 maggio all'Unipol Arena

Mengoni, tour 2019 a Bologna (foto Ansa)

Mengoni, tour 2019 a Bologna (foto Ansa)

Bologna, 29 maggio 2019 - Marco vs Mengoni. L’idolo delle masse che canta «Chan Chan» di Compay Segundo per poi divincolarsi tra conga e caxixi come il David Byrne di «Rei momo» spiazza, colpisce e trascina in piedi sulle sedie di quell’Atlantico Tour in arrivo domani sera, il 30 maggio, all’Unipol Arena. Una notte da boxeur, la sua, come promette la proiezione sul kabuki bianco che ricopre la scena dalla frase «ti farò vedere quanto sono grande» gridata da Cassius Clay al «killer» Sonny Liston prima di cambiarsi «quel nome da schiavo» e diventare il «Muhammad Ali» della canzone.

«Anni fa rimasi folgorato da uno show dei Talking Heads, forse nasce proprio da lì il mio desiderio di creare uno spettacolo che si trasforma» ammette l’idolo di Ronciglione parlando delle tre ambientazioni diverse che caratterizzano la sua maratona, passando dall’abbacinante cornice iniziale, quando salta sul palco dalla botola come il Michael Jackson del Dangerous Tour, per poi marciare con passo da bersagliere verso la coloratissima cornice latina delle varie «La casa Azul», «Onde», «Amalia», in cui Frida Khalo sullo schermo versa lacrime di sangue e la band di sei elementi alle dipendenze del tastierista Christian Rigano (Jovanotti, Nannini) sfodera momenti dal sabor latino carichi di passione, e infine regalarsi il gran finale delle varie «Esseri umani», cantata a mezz’aria dietro lo schermo trasparente, «Credimi ancora», «Io ti aspetto». Nel bis «L’essenziale» e quella «Hola (I say)» scritta assieme a Mahmood.

LEGGI ANCHE Mengoni commosso sul palco di Rimini

Tutto con la tecnologia, le luci, i raggi laser e persino due passerelle laterali mobili che durante «Guerriero» consentono a Marco di avvicinarsi al pubblico delle gradinate mentre sullo schermo scorrono immagini di ordinario coraggio attinte da YouTube. Un paio i monologhi. «Li ho pensati entrambi tempo fa assieme ad Alessandra Scotti, l’autrice che mette in pratica mie idee un po’ folli utilizzando anche disegni di Cristian Eduardo Carlos Caipa e Diego Molina» spiega Marco. «Il primo è più lieve e sottolinea il messaggio del pezzo che lo segue, ‘La ragione del mondo’; dico che ognuno è fatto per il 60 per cento di acqua, per il 30 dalle persone che ami e per il 10 di quel che ti manca. E a me quel che manca è il tempo per goderci la vita, perché stiamo sempre ad inseguirla. Nel secondo monologo rifletto, invece, ad alta voce su temi decisivi come l’indifferenza. Nel concerto, d’altronde, ci sono tutte le mie passioni e tutti gli ascolti che ho fatto. Per istinto sono sempre legato alla musica tradizionale sudamericana mentre per il soul, niente da fare, vengo proprio dall’Africa… L’omaggio a Compay lascia intendere, però, che uno dei miei posti del cuore è Cuba, che ho vissuto sulla strada seguendo per 800 chilometri, zaino in spalla, un itinerario un po’ wild, ma di grandissima ispirazione. Solo una volta tornato, però, ho iniziato a capire. Lì i ragazzi hanno una gran voglia di comunicare, d’imparare e di confondersi col resto del mondo. Questo ti rende consapevole che se anche se anche metà del pianeta è sbagliata c’è l’altra metà da scoprire e da conoscere. E che tanti non hanno avuto la possibilità di decidere in quale stare».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro