Ognuno è perfetto, lo sceneggiatore. "I 'miei' ragazzi down tra fiction e realtà"

Fabio Bonifacci, bolognese, racconta la genesi della serie di RaiUno. "Mi sono ispirato alla Casa delle Idee"

Il regista Giacomo Campiotti con i protagonisti

Il regista Giacomo Campiotti con i protagonisti

Bologna, 22 dicembre 2019 - Ha radici e cuore bolognese, la fiction di successo di RaiUno, Ognuno è perfetto che, dopo aver registrato ottimi indici di ascolto, si concluderà domani. Scritta dallo sceneggiatore bolognese Fabio Bonifacci affronta, mescolando allegria e commozione, un tema complesso, quello dell’universo dei ragazzi down, trasportando nella dimensione della commedia una realtà raccontata senza mai indulgere nel pietismo.

Bonifacci, come ha affrontato, per il pubblico televisivo, la vita dei ragazzi con sindrome down? "Nell’unica, dal mio punto di vista, maniera possibile. Conoscendoli, frequentandoli, facendo diventare per alcuni mesi la loro quotidianità la mia. Parlando dei loro sogni e dei loro desideri, che sono assolutamente simili a nostri, cosiddetti ‘normali’. Loro, semplicemente, hanno un’altra maniera per descriverli, ma sono il nostro specchio, ci ricordano che ognuno di noi ha dentro una ’diversità’. Stare con loro aiuta a riconoscere la nostra. Sono loro a farci un regalo di straordinaria umanità. Ed è proprio intorno a questo ‘omaggi’ che gravita la sceneggiatura che ho ideato".

Dove li ha conosciuti? "Ho avuto la grande fortuna di poter essere ospite di un ambiente meraviglioso, una eccellenza bolognese, purtroppo poco conosciuta, la ‘Casa delle idee’ in via Saragozza. Si tratta di un luogo fortemente voluto dalle associazioni di volontariato che agiscono sul territorio, dove i ragazzi down imparano quello che per loro è il bene più prezioso: l’autonomia. Qui compiono un percorso sostenuto da bravissimi educatori, coordinati da Rosanna De Sanctis, che li porta a conquistare margini sempre maggiori di indipendenza. Così diventano in gradi di gestire il loro tempo da solo, organizzano la loro vita, cucinano, programmano le uscite, coltivano i rapporti umani, si preparano a entrare nel mondo del lavoro".

Quanto di quello che lei ha visto nella Casa delle Idee è poi entrato nella sceneggiatura? "Praticamente tutto. La fiction è nata da un invito arrivato dalla Rai che mi ha chiesto un adattamento italiano di una serie belga che aveva come protagonisti un gruppo di ragazzi down. Io mi sono immerso nella realtà dei 20 giovani ospiti della Casa delle Idee e ho scritto un soggetto che gravita proprio sulla loro normalità. In particolare su una storia d’amore, sentimento molto forte tra loro e su quanto per queste persone sia importante trovare un lavoro, che è la vera forma di emancipazione di cui hanno bisogno".

Aspirazione non facile. "Certo, ma loro sono super professionali e sono in grado di svolgere con competenza lavori anche specializzati e molto richiesti, come la gestione di un ristorante. Oltre alla Casa delle Idee, infatti, un’altra fonte di ispirazione è stata la Locanda Smeraldi, a Bentivoglio, che è interamente curata, dalla cucina alla sala, da ragazzi down ed è una impresa di successo che ha ispirato parte della trama, come scoprirete nella puntata di domani".

Bonifacci, cosa ha imparato da questa esperienza? "Ho scoperto, con gioia, che il nostro Paese è all’avanguardia per quando riguarda la legislazione a favore dei ragazzi down. E che la rete del volontariato è una realtà che, specie a Bologna, ha basi solide, grazie alle famiglie di queste persone e al lavoro di associazioni come la Casa delle Idee, certo, sempre alla ricerca di sostegni finanziari, che il film spero aiuti a trovare".

Questo film è stato scritto a Bologna, a quando uno che invece girerà in città? "Il prossimo: una serie ambientata tra i giovani del quartiere Barca, dove vivo, che sarà il protagonista della trama".

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