Disinfettanti, quando l’amuchina non c’era. Bastava l’aceto

Un opuscolo fatto stampare dal comune di Cesena nel 1911 lo prescriveva contro il colera per la disinfezione di piatti e stoviglie

Sono ancora molti i detersivi e i disinfettanti a base di aceto

Sono ancora molti i detersivi e i disinfettanti a base di aceto

Cesena, 12 aprile - Anni fa, quando non c’erano gel igienizzanti o l’amuchina, in molte case si rimediava con l’aceto, anche come disinfettante, soprattutto per le stoviglie, i piatti, le posate e il lavandino della cucina. L’aceto era annoverato tra i rimedi per tutelarsi dalla malattie. Ad esempio, nel 1911 il Municipio di Cesena fece stampare dalla tipografia Biasini un opuscolo: “norme per difendersi dal colera”, del prof. A. Sclavo, autorità scientifica, mica uno ‘zambutino’. Prescriveva, tra l’altro, che ogni cibo fosse consumato "ben cotto e caldo" e di "soffregare abbondantemente con buon aceto le stoviglie prima di ogni uso". Beninteso, il colera è altra malattia, altro tipo di trasmissione del morbo rispetto all’odierno coronavirus, più simile per contagiosità alla spagnola di un secolo fa. A proposito: la spagnola, ci dicono gli epidemiologi, ci mise due anni (1918-19) a infettare il mondo, oggi virus di tipo nuovo come il coronavirus fanno il giro del pianeta in un paio di giorni, magari in prima classe, ospiti di portatori inconsapevoli, asintomatici. Più salubre tornare al nostro semplice buon aceto, ottenuto dal vino, o dalle mele, non certo panacea (rimedio universale) ma nostro commensale e utile sussidio da millenni. Sano condimento, conservante (i sottaceti, noti già nell’antica Roma). Anche integratore: i nostri vecchi bevevano volentieri due dita d’aceto nei giorni più caldi dell’estate: bevanda che dissetava e reintegrava i sali perduti nelle sudate. Impiastri di farina e aceto erano adoperati un tempo nella medicina popolare per avere qualche sollievo in alcuni malanni, tipo strappi muscolari e dolori delle articolazioni: soprattutto se preparati con la mèdra dl’asè, la madre dell’aceto. Ovvero la pellicola costituita dagli aceto-batteri sulla superficie dell’aceto che veniva usata per inacidire altro vino (oggi sappiamo che anche la sterminata famiglia dei batteri è costituita sia agenti buoni” sia “cattivi. A cetabulum era il vasetto per l’aceto degli antichi romani che, a loro modo, conoscevano già il ‘packaging’, la confezione. Nella Romagna di ieri era rinomato ‘l’asè di set ladròn’, l’aceto dei sette ladri, mistura erboristica di aceto puro di vino bianco, erba di San Giovanni, erba della Madonna, aglio e rosmarino, utile come ricostituente e stimolo che contribuiva a rianimare da blandi mancamenti. Ecco, un aceto simile potrebbe tornarci utile oggi non contro i virus, ma per farci passare il singhiozzo dato dallo sciame virale delle pataccate complottistiche che continuano a circolare sull’origine, invece solo naturale, dell’attuale coronavirus, con cui dovremo convivere, contrastandolo secondo scienza e buon senso, per un po’ di tempo.