Cimice asiatica e i suoi 'fratelli'. "Iniziata l'invasione delle specie aliene"

L’allarme di scienziati e ricercatori dell’Università: "Occorre formare figure professionali innovative come il ‘medico delle piante’"

Una cimice asiatica, non l’unica minaccia alle nostre coltivazioni (Foto Corelli)

Una cimice asiatica, non l’unica minaccia alle nostre coltivazioni (Foto Corelli)

Cesena, 10 novembre 2019 - Non ci sono solo la cimice asiatica, che ha già provocato oltre 350 milioni di danni alle coltivazioni agricole del Nord Italia, e Xylella fastidiosa, che in pochi anni ha seccato gli ulivi pugliesi e devastato un intero patrimonio storico e culturale, oltre che agricolo. «Ci sono anche il moscerino killer delle ciliegie, il cinipede galligeno dei castagni e il punteruolo rosso delle palme. E meno noti, ma ugualmente dannosi, sono altri agenti patogeni all’origine di gravi malattie infettive che contagiano le piante, determinando vere e proprie epidemie». Una situazione davvero allarmante, quella evidenziata dalla professoressa Assunta Bertaccini e dalla ricercatrice Eleonora Satta, entrambe in forze al Dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna e impegnate nello studio delle specie «aliene» (o esotiche) e dei nuovi patogeni che colpiscono l’agricoltura, non solo italiana.

«La proliferazione di specie fitopatogene aliene – spiega Eleonora Satta – è una minaccia per la realtà italiana, che si distingue proprio per la sua spiccata biodiversità e per la tipicità delle colture, ciascuna delle quali è espressione di un territorio e della sua tradizione agricola. Ad esempio, il cancro del kiwi, dovuto a un batterio, ha decimato le coltivazioni laziali e romagnole, danneggiando in particolare le varietà a polpa gialla. Il vaiolo delle drupacee (insieme di alberi da frutto che comprende peschi, albicocchi, susini, mandorli e ciliegi) sta causando perdite economiche enormi agli impianti cesenati. Inoltre, in Romagna si sta riscontrando una recrudescenza di ‘flavescenza dorata’ della vite, malattia dovuta ad alcuni fitoplasmi che ha azzerato, nel recente passato, la produzione viticola annuale di alcune rinomate cantine venete. Infine, non possiamo tralasciare le minacce nuove. Stiamo monitorando un batterio che ha compromesso l’industria della patata in Australia e USA: una sua variante genetica, in Europa, ha infettato le colture di carota ed è attualmente in fase di diffusione».

Ma come avviene la diffusione di queste epidemie? «Gran parte dei patogeni – prosegue Satta – si localizza nei materiali di propagazione, come le talee o i semi. Il problema diventa epidemico nel momento in cui gli insetti vettori o tecniche di propagazione poco accurate li diffondono nell’ambiente, rendendo di fatto impossibile la loro eradicazione».

La conoscenza e lo studio sono fondamentali per una gestione più consapevole di tali malattie, secondo l’analisi della professoressa Bertaccini. Inoltre, la formazione di figure professionali mirate e innovative, come il «medico delle piante», può giocare un ruolo essenziale nell’evitare che vecchi e nuovi patogeni si trasformino in calamità per la nostra agricoltura».

Bertaccini i coordina il progetto europeo ‘Tropicsafe’. «E’ un progetto finanziato nell’ambito di Horizon 2020, l’importante programma di ricerca e innovazione messo in atto dall’Unione europea. Ci poniamo l’obiettivo di analizzare le conseguenze del dilagare di batteri trasmessi da insetti e parassiti della vite, delle palme e degli agrumi. È molto importante, infatti, identificare e studiare queste minacce a livello europeo e globale, per essere poi in grado di prevenire e gestire la loro eventuale presenza sul nostro territorio».