"I bar aprono, ma troppi cambi di gestione"

Sono 130 in città. Le associazioni di categoria preoccupate: "Varie gestioni sono fallimentari e il mercato sta diventando saturo"

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di Luca Ravaglia

I clienti che diventano quasi amici, il tempo passato chiacchierando dietro il banco, ascoltando buona musica e godendosi appieno la vita della città e dei suoi abituatati. Cosa c’è di meglio di un lavoro da barista? Facile pensarlo, soprattutto guardando i dati delle nuove aperture di pubblici esercizi in città, che da anni continuano a rappresentare uno dei principali motori delle attività imprenditoriali con particolare riferimento all’universo dei giovani che decidono di avviare un’attività loro. Ad oggi in città sono presenti circa 130 bar, un numero importante, che però non sempre è sinonimo di successo assicurato. "L’alto numero di cambi di gestione – analizza Graziano Gozi, direttore della Confesercenti di Cesena e Ravenna – è sinonimo del fatto che purtroppo certe esperienze non si evolvono secondo le aspettative iniziali. È vero che per molto tempo il settore ha costantemente visto una crescita in termini di offerta, ma è anche vero che ormai il mercato pare essere arrivato al punto di ‘saturazione’ e in ogni caso è diventato sempre più selettivo. Il mestiere del barista non si improvvisa e limitarsi a considerare i – seppur tanti – lati positivi di questa professione non basta: serve stilare business plan dettagliati, serve investire nella formazione e valutare attentamente il mercato nel quale ci si appresta a entrare".

Soprattutto di questi tempi, coi costi legati all’energia e alle matterie prime che stanno lievitando e che impattano in maniera significativa sui conti. "Non è questione di pensare se far pagare un caffè un euro e 20 o qualunque altra cifra – rincara Alessandro Malossi, presidente Fipe Confcommercio Cesenate -, quanto piuttosto valutare quello che serve per mantenere la propria attività. Perché il barista è una professione che merita di essere remunerata e questo aspetto purtroppo non è più scontato. Facile ‘fare i conti in tasca’ agli altri, guardando un locale affollato da tanti clienti, ma gli aspetti da prendere in considerazione sono molti e in effetti una volta tolti i costi del personale e le spese vive, far quadrare i conti non è scontato"

"In Italia - prosegue il presidente Fipe Malossi – i bar sono tantissimi, circa il doppio rispetto i numeri francesi, tanto per fare un esempio: ma anche se dalle nostre parti il pubblico esercizio è spesso considerato come una seconda casa, fare il barista non si improvvisa. Credo che il vero polso della situazione si avrà in autunno, quando molti nodi verranno al pettine : il mercato è destinato a fare sempre più selezione, premiando i più bravi e voltando le spalle agli altri".