I ragazzi hanno diversi adulti di riferimento ma con una persona neutrale si sentono più liberi

Gli adolescenti si sentono più liberi e meno giudicati parlando con una figura neutrale come lo psicologo. L'ascolto e la competenza professionale sono fondamentali per aiutarli. I social hanno un ruolo importante nella formazione dell'identità.

I ragazzi hanno diversi adulti di riferimento (genitori, insegnanti, allenatori), ma con una persona neutrale rispetto alle loro questioni, si sentono più liberi, meno giudicati, lo abbiamo chiesto allo psicologo.

Dottor William Zavoli è vero che i ragazzi si vergognano di presentarsi ad un incontro con lei?

"La vergogna è un’emozione che ha a che fare con lo sguardo degli altri, quindi succede che i ragazzi provino vergogna non tanto nel momento del colloquio, ma nel momento in cui sentono il giudizio dei compagni per averlo richiesto. La vergogna comunque poi passa, appena ci si rende conto in prima persona che lo sportello è un posto dove trovano ascolto e comprensione e in cui non si sentono giudicati. Sanno anche che possono contare sul principio di riservatezza del professionista".

Quando sente i problemi di certi ragazzi, che magari sono anche molto gravi, si dispiace?

"Sì, certo. Mi preoccupo e mi dispiace, soprattutto perchè a scuola non ho a disposizione tutto il tempo che occorrerebbe per un intervento più incisivo. In questi casi, attivo, in accordo con il ragazzo, una rete di servizi (il Centro per le Famiglie stesso di cui faccio parte o altri servizi sul territorio) e di persone (genitori , insegnanti) che possano sostenerlo adeguatamente". Come riesce ad aiutare i ragazzi?

"La chiave dell’aiuto che posso dare è l’ascolto, oltre che la competenza professionale. Tante volte gli adulti danno ai ragazzi la loro ricetta per risolvere un problema. Dicono semplicemente: ’Si fa così’, oppure al contrario minimizzano. Queste soluzioni, pur dettate dall’esperienza o dalla preoccupazione autentica per l’altro, non convincono. Io cerco di capire cos’è meglio per ognuno; non ho ricette preconfezionate. Devo soprattutto ascoltare, perché ogni esperienza è originale, e ogni incontro e intervento deve essere pensato per quel particolare ragazzo e la sua situazione".

E lei, si è mai trovato nelle stesse situazioni di cui le parlano i nostri compagni?

"Sì certo. Tutti si sono sentiti a disagio nei rapporti con i compagni, tutti si sono sentiti inadeguati in un certo contesto, tutti hanno avuto difficoltà a scuola. Forse ho scelto questo mestiere anche per aver vissuto tali esperienze. Ho capito che mi faceva piacere approfondire questi aspetti e soprattutto ho scoperto che per dare un senso alla mia vita era molto importante aiutare gli altri. Quindi ho fatto in modo che questo diventasse anche il mio lavoro".

Che ruolo hanno i social a quest’età?

"I social hanno un ruolo importantissimo. Una volta, si viveva l’adolescenza per strada. Quando la famiglia diventava ’stretta’ c’erano gli amici del quartiere o di altri gruppi più o meno spontanei. Questi ambienti di socializzazione sono venuti progressivamente meno a scapito di gruppi sempre più formali (con la presenza di adulti) e dei social che non sono solo ambiti di svago, ma anche una palestra di socialità e di formazione di identità. Nei social vi fate gli affari vostri senza che gli adulti vi possano vedere, sperimentate la vostra immagine, vi rapportate agli altri. I social sono uno dei luoghi in cui vivete la vostra adolescenza, non vanno solo normati o limitati, ma vanno conosciuti e valorizzati".

Gli studenti di III A della scuola media Dante Arfelli