"Il mio teatro veloce, specchio dei tempi"

Arturo Brachetti torna al Bonci, oggi e domani con il suo show di trasformismo. "Passo da un personaggio all’altro, così non cresco mai"

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di Giovanni Corzani

"Tornare in scena al Teatro Bonci è fantastico. Lavorare in questo spazio è un’occasione anche per riscoprire la Romagna". Con queste parole Arturo Bracchetti, maestro internazionale del quick change, l’arte del cambiare travestimento velocissimamente, porta al Teatro Bonci lo spettacolo ‘Solo. The Legend of quick-change’. Questa sera e domani alle ore 21, presenterà un funambolico viaggio di cui protagonista è proprio l’arte che lo ha reso celebre, con oltre 60 personaggi. Inserito nel Guinness dei primati come il più prolifico e veloce trasformista al mondo, festeggia il ritorno nei teatri (da ottobre) con un grande tour di 21 tappe nelle principali città della Penisola prima di spostarsi all’estero.

Arturo Brachetti, con quali emozioni è tornato a teatro e con quali arriva al Bonci di Cesena?

"L’emozione è tanta, vedo nella gente la voglia di voltare pagina. Il teatro Bonci è stato uno dei più belli scoperti nella mia prima tournée italiana. Essere qui è un’occasione per riscoprire la Romagna e la buona cucina, anche se sono a dieta, ma la tentazione è ad ogni angolo di strada".

Quali riscontri sta avendo dal pubblico?

"In alcune città abbiamo fatto sold-out immediati, prolungato la permanenza e aggiunto nuovi spettacoli. Questo fa riflettere".

Su che cosa?

"Significa che la gente vuole sognare e staccare la spina per passare una serata a teatro evadendo dai problemi di tutti i giorni, come il covid e la guerra".

Come si svolge lo spettacolo?

"Si svolge attorno a una casetta in miniatura. È uno spazio metaforico: è la casa della nostra infanzia, dei nostri ricordi, delle nostre paure, e i personaggi che si trovano all’interno sono legati ad essa".

Ad esempio?

"Se vado nel soggiorno trovo la tv e divento tutti i personaggi delle serie televisive cult, si va dall’incredibile Hulk a Batman, da La signora in giallo a Wonder Woman. Poi passo alla stanza dei bambini e divento un personaggio delle favole: Biancaneve, Cenerentola, il lupo e Cappuccetto Rosso o Shrek, ad esempio".

Cosa cerca di condividere con il pubblico?

"Il fil rouge dello spettacolo sono io che sono un Peter Pan quindicenne imprigionato nel corpo di un sessantacinquenne. Incontro la mia ombra, interpretata da Kevin Michael Moore, e alla fine facciamo pace. Io, Arturo, vorrei per sempre sognare, volare, staccarmi dal suolo e fantasticare, invece la mia ombra mi riporta con i piedi per terra. Alla fine dello spettacolo, di questa cavalcata di emozioni, faccio pace con lei, che mi comunica passandomi un bigliettino che non è poi così grave voler restare per sempre bambini. Questo è forse il senso più profondo dello spettacolo: attraverso la varietà si riesce a smuovere dei sentimenti, delle emozioni e desideri".

In quanto tempo è nato lo spettacolo?

"Un anno circa, la performance è ricca di sorprese ed è in sequenza molto rapida".

Come mai questo ritmo?

"Quando vedo le regie di alcuni classici, come la maggior parte del pubblico, mi addormento. A cosa serve allora? Lo spettacolo è intrattenimento. La gente è educata alla rapidità con Netflix e i social: hanno bisogno di essere stimolati ogni minuto. Questo è il presente".