‘In pensione’ il super donatore di sangue

Guido Salvadori, cesenate d’origine, 42 anni dopo la prima volta deve smettere per raggiunti limiti d’età. Ha toccato quota 310

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Va in pensione il recordman dei donatori di sangue e plasma: alla vigilia dei settant’anni – età dopo la quale non si può più donare – è arrivato il momento dei saluti fra l’Avis e Guido Salvadori, quarantadue anni dopo quella prima donazione. Cesenate d’origine, ora risiede a Bertinoro.

Salvadori, ci racconti come tutto cominciò.

"Era l’aprile del 1980, avevo ventotto anni. Mi trovavo a Sant’Antonio di Ravenna e vidi un’autoemoteca. Decisi di provare: da allora non ho più smesso".

Pur essendo cesenate è sempre rimasto fedele all’Avis di Ravenna, giusto?

"Assolutamente sì. Ora vivo a Bertinoro, ma avendo lavorato a lungo a Ravenna ho sempre trovato più comodo donare lì. Lo facevo normalmente alle sette del mattino, prima di andare al lavoro".

Non solo donazioni di sangue: molte di quei trecento appuntamenti all’Avis sono stati relativa al plasma.

"Esattamente. Basti tener presente che fra una donazione di sangue e l’altra devono trascorrere tre mesi, mentre all’Avis di Ravenna si può donare plasma ogni due settimane. È una procedura più lunga – richiede circa tre quarti d’ora contro i cinque minuti di una semplice donazione di sangue – ma altrettanto importante per il mondo della medicina".

C’è ancora diffidenza nei confronti delle donazioni di sangue?

"Fortunatamente no. Decenni fa, in varie parti del mondo, ci furono problemi dovuti alle trasfusioni di sangue che non doveva essere trasfuso. Oggi quel rischio non esiste più: i donatori sono persone costantemente monitorate".

Oltre alla costanza deve averla in effetti aiutata anche una salute di ferro, non è così?

"Non posso certo lamentarmi. Mi dispiace un po’ dover interrompere le donazioni per sopraggiunti limiti di età, ma le regole sono regole. Va poi detto che le donazioni di sangue sono un qualcosa davvero alla portata di tutti. Io non ho mai percepito alcun affaticamento: non ho mai ad esempio dovuto saltare un giorno di lavoro, anche se va precisato che non facevo mestieri faticosi come il carpentiere o il muratore. Ad ogni modo in questi anni ha percepito il fisico adattarsi al ritmo delle donazioni. Sentivo che erano trascorsi i tre mesi regolamentari senza neppure dover guardare il calendario".

A fianco di una salute invidiabile deve aver avuto pure uno stile di vita esemplare, non è così?

"Ho smesso di fumare da moltissimo tempo. In passato ho avuto qualche chilo di troppo, ma con il pensionamento sono tornato nel mio peso forma. Voglio però precisare che non mi sono mai negato un bicchiere di vino con gli amici. Inoltre ho sempre fatto sport: judo e tennis. C’è poi la passione per la bicicletta: duemila o tremila chilometri all’anno, seppure ormai con pedalata assistita. Inoltre mi sono sempre preso cura di me stesso: ad esempio sono vaccinato contro ogni malattia contro cui è possibile vaccinarsi. Da poco ho effettuato la dose di richiamo antiCovid, e fra poco mi vaccinerò contro l’herpes zoster, il cosiddetto ‘Fuoco di Sant’Antonio’".

D’altronde lei non è certo uno che ha paura degli aghi...

"No, infatti. Devo anzi dire che dopo una donazione ho spesso avuto l’impressione di sentirmi meglio. Immagino che contribuisca la consapevolezza di aver aiutato qualcuno".

Filippo Donati