
di Gabriele Papi
Correva l’estate del 1965: in quei giorni un ragazzino cesenate, Gigi Zacchini, andò a Maranello su una Vespina 50, raccogliendo l’invito che Enzo Ferrari in persona, tempo addietro, gli aveva rivolto incontrandolo all’abbazia del Monte.
Antefatti e intreccio: in quegli anni Enzo Ferrari – come già raccontammo in una precedente puntata – frequentava in certe mattine la nostra abbazia; veniva a trovare l’amico abate Padre Alberto Clerici che aveva celebrato le sue nozze nel duomo di Modena. Ferrari cercava conforto e consigli per le sue crisi di coscienza suscitate dagli incidenti mortali durante le corse. Pochi sapevano allora delle visite cesenati, la mattina presto, di questo personaggio già noto.
E adesso lasciamo la parola a Gigi Zacchini, classe 1951, noto commercialista cesenate, grande appassionato di auto (da giovane è stato buon rallysta).
"Abitavo e abito al Monte. La nostra casa fiancheggiava le Scalette. Alcuni frati del Monte erano amici di famiglia. Ricordo che vennero da noi a seguire in tv il conclave che portò all’elezione di Papa Giovanni XXIII. I monaci sapevano della mia gran passione per le auto e io sapevo da loro quando Ferrari era al Monte. Allora correvo su, al piazzale, in adorazione della sua auto fiammante. Ebbi modo di conoscere l’autista di Ferrari e lo stesso Enzo Ferrari che un giorno mi rivolse un invito sorridente: quando vieni a Maranello ti faccio visitare la fabbrica. Chissà, forse pensava che qualcuno mi avrebbe accompagnato. Ma io quell’invito me lo covavo dentro. Finalmente, per il compleanno dei 14 anni, mio babbo mi regalò una Vespa 50. Decisi di testa mia: a Maranello. Una mattina presto, di luglio, imboccai la via Emilia. Verso le 11 suonai al cancello della fabbrica: mi presentai e raccontai dell’invito ricevuto a Cesena. Ferrari fu di parola. Mi affidò a un suo collaboratore per la visita allo stabilimento: per me era quello il paese delle meraviglie. Intanto dagli uffici avvertirono i miei genitori, che non stessero in pensiero. A scanso di pericoli per il ritorno mio babbo mi mandò a prendere in auto da Mondardini, che faceva servizio con conducente pubblico. La Vespa tornò in treno. Ferrari mi regalò la bella rivista pubblicata ogni anno dalla sua scuderia".
Ogni passione ha quasi sempre radici familiari. Il babbo di Gigi, Nello Zacchini, era stato ufficiale degli Autieri, i soldati specializzati alla guida e nella cura degli automezzi. E presiedeva la locale Associazione degli Autieri che organizzava ogni anno, con l’Aci, la benedizione delle auto sul sagrato della chiesa di Madonna delle Rose. Nella vecchia foto di quei giorni, due bambini in piedi nella Topolino decapottabile: il più grandicello è Gigi Zacchini, il più piccolo è chi scrive questo racconto (c’era mio babbo, anch’esso autiere, alla guida della Topolino). Correvano i primi sereni anni ’60: sul cruscotto delle automobili c’era spesso una targhetta calamitata, messa dalle mamme, con la scritta: ‘papà, non correre’.