La millenaria storia dell’estrazione e del commercio dello zolfo in Romagna sarà al centro di un incontro pubblico domani alle 20.45, nel salone del Circolo Arci di Borella di Cesenatico. Fabio Fabbri, presidente della Società di ricerca e studio della Romagna Mineraria di Cesena, introdurrà la serata dal titolo "Lo zolfo in Romagna", per compiere un autentico viaggio nel tempo e conoscere la storia delle miniere he hanno caratterizzato la vita produttiva per molto tempo. Oggi sono in pochi a sapere che in passato le miniere di zolfo erano considerate dal punto di vista occupazionale ed economico la realtà più importante della Romagna. Il più antico documento sullo zolfo romagnolo, si trova nell’archivio arcivescovile di Ravenna, risale al 1047 e fa riferimento alla pieve di San Pietro in Sulferina, da identificarsi con l’attuale paese di Borello, anche se in precedenza la miniera detta "Sulfaranaccia", ubicata a Bacciolino, era conosciuta già dai Romani. Nonostante le miniere di zolfo in Romagna siano state coltivate fin dall’antichità, il loro sfruttamento industriale iniziò soltanto nel XIX secolo e, tra il XIX e XX secolo, hanno rappresentato poli d’estrazione d’importanza europea. In questi ambienti estremi, tra rotaie e carrelli, mine per aprire nuove gallerie, temperature altissime e basse concentrazioni di ossigeno, migliaia di operai lavoravano tutti i giorni.
Lo zolfo veniva usato soprattutto in agricoltura e medicina, ma anche come combustibile. In seguito, con l’invenzione della polvere da sparo e poi con l’utilizzo diffuso dell’acido solforico, la richiesta di zolfo crebbe fino a stimolare un’industria fiorente. Il motivo dell’abbondanza di zolfo in Romagna, è legato alla presenza della formazione gessoso-solfifera, dovuta a una lunga fase di evaporazione del mare Mediterraneo, avvenuta intorno ai 6 milioni di anni fa. Il territorio romagnolo interessato dall’estrazione dello zolfo si estendeva trasversalmente fra le valli del Rabbi, del Bidente e del Savio. Le miniere sorte in periodi diversi sono state quelle di Predappio nella valle del Rabbi, di Valdinoce, Polenta e Valdimauro nella valle del Bidente, di Boratella e Formignano nella valle del Savio. Lo zolfo prodotto, seguendo il fiume Savio, confluiva in parte a Cesena e in parte al porto di Cesenatico, quindi di fatto nel Cesenate c’era una "via dello zolfo". Lo zolfo arrivato a Cesenatico veniva imbarcato su battelli piccoli e trasportato al porto di Ancona, dove era trasbordato su velieri più grandi e prendeva la via della Spagna e delle Fiandre. Dopo decenni di commerci, le miniere di zolfo cessarono l’attività nel 1962 con la chiusura dello stabilimento di Formignano sopra Borello di Cesena.
Giacomo Mascellani