
L’ultimo giro dell’antica Giostra. Sipario dopo un brutale incidente
Fu nel febbraio del 1838 (il 19) l’ultima disputa “storica” della Giostra d’Incontro, antico torneo cavalleresco dei secoli passati: beninteso un’altra vicenda rispetto alla recente riedizione della Giostra con crescente successo di pubblico nel suo revival annuale. Se ritorniamo con questo nostro focus alla remota disputa del 1838 è per riproporre una succosa e poco conosciuta fonte storica: quella del concittadino Giuseppe Belletti (1879-1961), avvocato, cronista storico, collaboratore de “la Piè”, bella penna. E autore di un testo: “Mia Vecchia Cesena”, rimasto inedito ma da riscoprire: 60 anni fa, eccezion fatta per i convegni annuali dei valorosi “Studi Romagnoli”, non c’era l’attuale fervore di studi e iniziative sulla storia locale. Lasciamo dunque la parola alle sue ricordanze e laiche rievocazioni: “Da ragazzi noi abbiamo più volte ammirato le armature, le selle e le lance che avevano servito per l’ultima giostra del 1838. Lo spettacolo più interessante dovette essere il lungo corteo che mosse da Palazzo Guidi sino alla Piazza Maggiore ove ebbe luogo l’incontro… Ivi i giostranti in numero di quattro spezzarono sei lance per ciascuno Essi però non erano più i valorosi cavalieri medievali, ma semplicemente dei facchini o dei macellai che si prestavano per compenso a questo pericoloso e inusitato esercizio. I nobili cesenati si limitavano soltanto a fare da padrini ai singoli campioni. Accadde che per imperizia o desuetudine dei combattenti, o come si disse per imperizia degli armaioli che avevano apprestato le armature, si ebbe nell’incontro un ferito non lieve. Il che contribuì a far cadere definitivamente questo spettacolo che nei secoli anteriori era stato così famoso da muovere l’estro dei poeti…”. Occhio a quel “contribuì”, verbo usato dal nostro Belletti. Infatti non fu solo quel malaugurato incidente a far calare il sipario ottocentesco sull’antica Giostra. Anno del Signore 1838: siamo in piena Restaurazione Pontificia nel governo cittadino, gli austriaci tengono il governo militare. E dunque i legati pontifici dopo il bastone contro le insorgenze liberali provarono ad usare la carota. La “resurrezione” in quell’anno della Giostra d’Incontro, già caduta in disuso, fu una ricerca di consenso. Acuto è il giudizio dello storico Roberto Balzani (“Storia di Cesena, volume Ottocento* 1797-1859”): vale a dire il “nulla osta” papalino per un municipalismo di maniera, folcloristico e quindi politicamente innocuo. Tanto più in una Cesena allora definita da Gioacchino Sassi, prete cronista, “la città più rozza, ineducata e brutale di qualunque altra in Romagna”. Era proprio così? Proponiamo questi spunti come antidoto a una tentazione tipica dei nostri tempi: la “dolcificazione” della storia. Il che non suoni polemico verso gli organizzatori della nuova Giostra, di cui conosciamo la passione e l’indipendenza culturale: semmai è l’invito a un racconto storico a tutto tondo capace di svelare appieno i chiaroscuri della nostra storia, non solo con i consueti convegni per addetti ai lavori, ma con strumenti innovativi (podcast, multimediali). Tema conduttore in questo caso: incrocio di fonti storiche obbligatorio, marketing facoltativo.
Gabriele Papi