PAOLO MORELLI
Cronaca

Cesena, accusata di aver falsificato il testamento. Assolta la nipote

Aveva accudito lo zio che l’aveva nominata erede

Un’aula del tribunale di Forlì dove si è svolto il processo contro la 67enne cesenate

Cesena, 21 dicembre 2018 - C’è un’eredità del valore di oltre 430mila euro in ballo nella contesa giudiziaria che vede schierati da una parte una donna cesenate di 67 anni che ha assistito fino alla fine lo zio Giovanni Riceputi, deceduto a Cesena nel febbraio di quattro anni fa all’età di 86 anni, e dall’altra parte una batteria formata da altri dieci parenti dell’uomo.

Una decina di giorni dopo il decesso, la donna depositò presso un notaio un testamento col quale Giovanni Riceputi la nominava erede di tutti i suoi beni, lasciando a due congiunti la somma di 10mila euro a testa. Il testamento sarebbe stato scritto di pugno da Giovanni Riceputi il 18 gennaio 2014, quattro settimane prima di morire, ma poco dopo gli altri parenti la denunciarono sostenendo che il testamento era falso e ne produssero un altro, recante una data anteriore di cinque giorni a quello prodotto dalla donna che poi si sarebbe impadronita di oltre 73mila euro prelevandoli dal conto corrente del defunto. La somma fu sequestrata e poi parzialmente restituita in quanto la donna aveva sostenuto le spese relative al decesso. La donna, difesa dagli avvocati Alessandro Monteleone e Mauro Guidi di Cesena, è stata quindi processata per i reati di falso (per aver presentato come autentico il testamento che, secondo l’accusa, tale non era) e truffa (per aver indotto in errore gli istituti bancari che le versarono i soldi appartenuti allo zio defunto).

Il processo, iniziato due anni fa, si è concluso mercoledì scorso in tribunale a Forlì. Il giudice onorario Sonia Serafini ha assolto l’imputata con formula ampia “perché il fatto non sussiste”, nonostante il pubblico ministero avesse sollecitato la sua condanna a 14 mesi di reclusione per entrambi i capi d’imputazione: otto mesi per il falso e sei mesi per la truffa. Per comprendere fino in fondo le argomentazioni che stanno alla base dell’assoluzione sarà necessario attendere di poter leggere le motivazioni della sentenza; vista la complessità della vicenda, la giudice si è presa novanta giorni di tempo per il deposito. Di certo un pilastro della sentenza assolutoria è stata la consulenza difensiva della grafologa bolognese Barbara Conte, che ha deposto certificando l’autenticità del testamento. La vicenda giudiziaria, però, non è ancora conclusa: i dieci parenti che erano stati riconosciuti come parti offese in questo processo hanno avviato una causa civile con l’assistenza dell’avvocato Paola Mengozzi di San Mauro Pascoli, e non è detto che l’esito di questa ricalchi quello del processo penale.