"Riaprire alle visite? Non ce la sentiamo"

I responsabili della case di riposo valutano con grande cautela le ipotesi di consentire nuovamente gli ingressi dei parenti

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di Elide Giordani

Chi più degli anziani, costretti al confinamento da una pandemia che sembra aver scelto proprio loro come principale bersaglio, potrebbe anelare a una liberazione? Chi più di loro potrebbe desiderare di concedere alla propria vita appesantita dall’età e dai malanni il conforto della vista di un parente o un amico? Sono gli stessi desideri di chi si occupa della strutture che li ospitano, ma nessuno, nel Cesenate, almeno al momento, sembra guardare senza apprensione ad allargare le maglie che filtrano i rapporti tra interno ed esterno. Tutti provati dal gran numero di focolai che sono divampati, per non dire del dramma dei tanti decessi, come parola d’ordine declinano cautela. Parrebbe non essere sufficiente quanto si va anticipando anche da parte della Regione Emilia-Romagna: ossia apertura ai visitatori che certifichino la loro vaccinazione, oppure l’aver contratto e superato il contagio negli ultimi tre mesi, o infine che esibiscano il risultato di un tampone negativo riferito alle ultime 48 ore.

"Sentiamo molte voci a questo proposito, ma non abbiamo ricevuto sulla di scritto e di ufficiale" è il commento di Giovanni Montaguti, direttore della casa di riposo Maria Fantini, 48 ospiti e, alle spalle, una situazione durissima di contagi e decessi. "E comunque nulla è semplice come potrebbe apparire - incalza Montaguti - ci sono tante misure anche di distanziamento personale tra gli ospiti e regole rigidissime per la vita interna della casa che ci obbligano a ragionare sulla base di indicazioni ben precise. Penso che non si potrà, comunque, derogare alle visite programmate e all’allestimento di spazio d’incontro appositi. Ma la struttura non è del tutto serrata come è capitato in periodi di contagio, familiari e ospiti, quando le condizioni lo consentono, si incontrano pur divisi da un sipario di plastica. Con la buona stagione si riprenderà lo scambio, visivo, tra chi sta in strada e chi è nella casa, oppure in guardino ma molto distanziati". " Chi tra i nostri pazienti poteva essere vaccinato - prosegue Montaguti - ha ricevuto il siero, ma c’è tutta la schiera degli ex covid che deve attendere tre mesi per l’inoculazione. Sono immunizzati? E’ un concetto che dobbiamo ancora attentamente interpretare visto che anche chi era vaccinato si è ugualmente contagiato, pur senza risvolti gravi".

"In questo momento non me la sentirei proprio di aprire" afferma con decisione Luca Brasini, direttore della grande struttura Don Baronio, che oggi ospita circa 90 anziani e persone con disabilità gravi, ed è stato anche centro covid per garantire la quarantena agli anziani contagiati. "Attenzione, però, la nostra struttura - evidenzia Brasini - è già in qualche modo aperta. Ospiti e familiari possono incontrarsi separati da un vetro o, quando la stagione lo permette, nel parco ad una distanza non ravvicinata. Per ogni persona che entra serve almeno mezz’ora di organizzazione, che complica molto la vita della struttura. Noi siamo i primi desiderare lo scambio con i familiari che sono fondamentali per il progetto. Aspettiamo di vedere cosa ci proporranno e faremo il possibile perché i familiari siano partecipi ma ancora adesso la percentuali dei vaccinati è bassissima e in più sappiamo che il vaccino non impedisce che il virus si ripresenti facendo anche di un vaccinato un veicolo di contagio. Comunque, coinvolgeremo i familiari per costruire con loro soluzioni condivise e sicure".

"Sappiamo che il Governo sta lavorando attorno ad uno specifico protocollo - dice, infine, Annagrazia Giannini dirigente della cooperativa Il Cigno che gestisce Casa Insieme, Meridiana e Violante (180 ospiti) - stiamo aspettando, non vediamo l’ora che tutto si risolva. Puntiamo sui vaccini che, ormai è chiaro, anche in caso di ricontagio, formano una barriera affidabile contro gli effetti gravi del coronavirus".