"Spero che venga a galla la mia verità"

Costante Alessandri ha presentato alla Cassazione, che oggi deciderà sul suo ricorso, una memoria densa di elementi inediti

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di Paolo Morelli

Questa mattina a Roma i giudici della prima sezione della Corte di Cassazione decideranno se Costante Alessandri, accusato di aver ucciso la moglie Manuela Teverini e condannato a vent’anni di reclusione sia in primo che in secondo grado, dovrà essere arrestato e sconterà in carcere la pena, oppure resterà ancora in libertà come è stato fino a ora, tranne una parentesi di 21 giorni. E’ grazie a quella parentesi che l’uomo è rimasto in libertà nonostante l’accusa di aver ucciso la moglie e di averne occultato il cadavere nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2000. Infatti, essendo già stato arrestato e scarcerato, potrà essere nuovamente arrestato sono quando la sentenza di condanna sarà definitiva.

Costante Alessandri, ha fatto la valigia?

"No, ma non per scaramanzia come mi ha detto qualcuno, ma perché non serve. In carcere ci sono già stato, ti lasciano solo lo stetto necessario: la biancheria e una maglietta per cambiarti, tutto il resto lo mettono da parte e te lo restituiscono all’uscita".

Dove è stato recluso?

"A Forlì, nella vecchia rocca".

Come è andata?

"Relativamente bene perché mi prese a benvolere un personaggio che chiamavano ‘boss’, altrimenti sarebbero stati guai. Quando è uscito dal carcere l’ho ringraziato andando a fare qualche lavoretto a casa sua, a Forlì".

Lei è in libertà da un ventina d’anni sapendo che prima o poi sarebbe arrivato il giorno del giudizio definitivo. Come è stata la sua vita?

"Positiva grazie alle persone che hanno creduto nella mia innocenza. Tra queste i dirigenti della cooperativa sementiera Cac di Martorano dove ho lavorato 32 anni con contratti stagionali. Avrebbero potuto lasciarmi a casa, ma non l’hanno fatto e per questo li ringrazio".

Quanto guadagnava?

"Tra stipendio e disoccupazione arrivavo a circa 20.000 uero all’anno".

E adesso?

"Sono in pensione da un paio d’anni".

Quanto guadagna ora?

"Dovrei percepire circa 1.100 euro al mese, ma un quinto viene trattenuto e versato ai famigliari di Manuela e a mia figlia Lisa che si sono costituite parte civile. Per questo mi è stata pignorata anche la casa di Capannaguzzo in cui ho continuato a vivere anche se Manuela non c’è più".

Lei ha sempre affermato di essere innocente. Si è fatta un’idea di cosa accadde?

"Posso solo fare delle ipotesi, perché le indagini della polizia si sono subito concentrate esclusivamente su di me: credo che Manuela avesse deciso di andarsene da casa, tanto che aveva contattatto un avvocato e aveva spostato quasi tutti i soldi dal conto comune a quello di Lisa e ad altri conti suoi; poi qualcosa deve essere andato storto e lei non è più tornata a casa".

Pensa che sia ancora viva?

"Non credo, ma non ho elementi. Ma so che soffriva di sbalzi d’umore di periodi bui che potevano durare da poche ore a giorni".

E la figlia Lisa?

"Era più attaccata a me che alla mamma, mi dispiace molto non avere più rapporti con lei, spero che legga questa intervista e cerchi di capire".

Lei ha presentato alla Corte di Cassazione una memoria aggiuntiva ai motivi del ricorso dell’avvocato Benini. Perché?

"Perché avevo dentro di me delle notizie che fino a pochi mesi fa non avevo detto neppure al mio avvocato perché avevo paura".

Quali notizie?

"Che nel 2001 fui minacciato di morte da un poliziotto con una pistola sua personale. Stavo riaccompagnando a casa a Ravenna la donna che mi aveva estorto quella specie di confessione, quando ci fermarono due poliziotti di Cesena. Uno riaccompagnò a casa la donna, l’altro mi spinse in un viale di campagna, mi colpì con un manganello, mi fece cadere in un fosso e mi puntò una pistola carica, poi disse: ”Se parli t’ammazzo come un cane, ma a te non crederanno mai“. Ci ho pensato a lungo e avevo deciso che era meglio essere umiliato e vivo che orgoglioso e morto".

Ma lei aveva confessato...

"La confessione mi fu estorta e fu registrata, d’accordo con la polizia, da quella donna che mi fece bere una sostanza dopante che mi annebbiò la mente. Ma le dissi che avevo seppellito il corpo di Manuela in un campo di grano alto diverse decine di centimetri. Se fosse stato vero si sarebbe visto chiaramente".

E le indagini?

"Furono condotte male, mi fecero fare cose fuori dal mondo e cambiarono la data in un verbale. Scavarono dappertutto senza trovare nulla, per cui il procuratore Luigi Russo chiese l’archiviazione. Poi subentrò Santangelo e le indagini ripartirono".

Lei parla anche di sua figlia...

"Sì, mi tolsero subito l’affidamento e le fecero credere che avevo ucciso la sua mamma. A sei anni la mandarono a un colloquio con un registratore nascosto sotto il vestito e voleva che le dicessi che ero stato io. Non feci denuncia per evitare conseguenze".

Cosa pensa che succeda a Roma?

"So di non avere più del 5% di probabilità di essere assolto, ma spero lo stesso che la verità venga a galla. La mia, ovviamente".

Dorme tranquillamente in queste notti?

"Ho perso il sonno quando è sparita mia moglie, e da allora non l’ho più ritrovato".