"Vuoto a rendere per la plastica"

Il progetto dell’Unibo al supermercato di Case Finali. L’ideatore: "Solo così daremo valore al riciclo"

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di Maddalena De Franchis

Augusto Bianchini, docente di Impianti industriali meccanici al a Ingegneria industriale, Campus di Forlì, esperto di gestione dei rifiuti, industria 4.0 ed economia circolare, è referente scientifico del progetto di ricerca Ricircola: fino al 15 novembre i clienti del Conad di Case Finali potranno acquistare alcuni prodotti Amadori e Solarelli con un nuovo packaging ecologico, ma dovranno poi riconsegnare il contenutore.

Professore, com’è nata l’idea? "La causa dell’attuale emergenza ambientale non è tanto la plastica in sé, quanto il suo scarto. Con il nostro progetto lanciamo una sfida: definire una modalità di gestione della plastica potenzialmente più sostenibile sia dal punto di vista ambientale, sia economico e sociale".

Plastica e sostenibilità? Sembra un ossimoro.

"Per verificare la sostenibilità di questo modello, abbiamo messo a punto un algoritmo che consentirà di quantificare l’impatto ambientale, economico e sociale dell’iniziativa".

Perché accosta sempre la sostenibilità ambientale a quella economica?

"Perché nessuna azienda sarà incentivata a sostituire la plastica vergine con il Pet (materiale plastico con ottime proprietà sia per il contatto con gli alimenti che per il riciclo) finché non troverà quest’ultimo più conveniente. Solo allora si potrà innescare un nuovo mercato".

È per questo che avete coinvolto le aziende locali?

"Volevamo concentrarci sulla filiera del cibo che - dati alla mano - è quella in cui si trova più plastica. E abbiamo messo a punto un progetto che vede il diretto coinvolgimento degli sponsor in ogni fase del processo: dalla produzione delle vaschette fino al loro ritorno sotto forma di materiale da riciclo".

Senza dimenticare il ruolo svolto dal consumatore.

"Sfruttiamo l’idea del vuoto a rendere con una ricompensa di 20 centesimi per ciascuna vaschetta riportata al punto vendita. Alle vaschette è applicato un ‘tag’ che ci consente di monitorarle anche una volta immesse sul mercato: una novità assoluta per questo genere di produzioni. Di solito la vaschetta è tracciata solo fino al momento in cui trova posto sullo scaffale della grande distribuzione, per poi scomparire dal controllo".

Nei giorni più cupi della pandemia si è parlato spesso dell’urgenza di ripartire da un sistema più sostenibile.

"Durante il lockdown ci siamo accorti di quanto siamo dipendenti da filiere globali per la produzione di beni di prima necessità. Riciclare ci rende indipendenti da queste filiere, valorizzando ciò che abbiamo sul territorio".

Un esempio?

"Uno dei miei progetti è finalizzato al recupero di fosforo dalle acque. Il Marocco è uno dei pochi paesi al mondo a disporre di fosforo: tutta Europa dipende dalle sue miniere. Usato in agricoltura, il fosforo viene ingerito attraverso la verdura e poi espulso, perché non assimilato dal corpo umano. Proprio per le sue proprietà fertilizzanti, se riversato nelle acque favorisce la proliferazione di alghe. Recuperando e riciclando il fosforo, ripuliamo i mari. E ridurremo la nostra dipendenza dal Marocco".