"È un ritorno a scuola come nel 1945"

Il pediatra Giancarlo Biasini fa un parallelo tra la sua esperienza di studente in guerra e quella dei ragazzi dei nostri tempi

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di Elide Giordani

"Anche noi abbiamo fatto un ritorno a scuola dopo una lunga vacanza". Così commenta Giancarlo Biasini, "medico dei bambini" che ha lasciato un segno profondo nella Pediatria del Bufalini, scrittore dall’eleganza inconfondibile e la memoria lapidaria nonostante la boa dei 90 anni doppiata qualche mese fa. Una "lunga vacanza" di tanti anni fa che diventa inevitabile comparare a quella che ha tenuto a casa gli studenti italiani "sequestrati" nelle loro case a causa dal Covid-19.

Racconti dottor Biasini. Di quale "lunga vacanza" parliamo?

"Fu quella fra l’anno scolastico della mia terza media (1943-44), che fu regolare, e quello della quarta ginnasio (1944-45). A fine terza media l’apertura delle scuole era stata fissata per la prima settimana di ottobre del 1944. Quelli erano i tempi della guerra, qui, a nord della linea gotica. Cesena, liberata il 20 ottobre, era piena di soldati: inglesi, polacchi, nepalesi, indiani, canadesi e perfino palestinesi del mandato britannico in Palestina".

Come mai non si riaprirono i portoni delle scuole?

"I soldati avevano occupato gran parte delle scuole, dei palazzi e dell’unico albergo in città. Nessuno poteva pensare che in quelle condizioni, e con l’ inverno alle porte, si potessero aprire le scuole. Il consiglio degli insegnanti che si incontravano per strada era quello di acquistare libri usati dato che le librerie erano chiuse e, in ogni caso, non avrebbero potuto provvedersi di testi. Ci fu un convulso scambio di libri usati dai più grandi verso i più piccoli".

Dove avveniva il baratto?

"Il luogo per lo scambio era il Public Information Office in corso Sozzi dove era raffigurato il fronte con le bandierine spostabili a cura di una gentile sergente scozzese quasi coetanea, Ermy, che aveva la cortesia di ospitarci al caldo. Così passò l’inverno".

Cosa successe dopo?

"In primavera molto era cambiato. Le truppe alleate erano affluite verso il nord lasciando libero le scuole, disastrate, e qualche palazzo occupato. Così l’anno scolastico 1944-45 poté cominciare nell’aprile del 1945. E finì a metà agosto nei giorni delle atomiche sul Giappone".

Come terminarono quelle lunghe vacanze?

" Erano passati 6 mesi (ottobre, novembre, dicembre, gennaio, febbraio, marzo). Forse il periodo più lungo di vacanze nella storia scolastica italiana. Ci rivedemmo con gioia fra i banchi in 4a ginnasio malvestiti e con un po’ di fame. Insegnanti e aule non c’erano per tutti: noi avevamo tre insegnanti e un’aula nel palazzo Tonti in via Manfredi. Ma c’era una gran voglia di raccontarci cosa era successo a ciascuno di noi. E una gran voglia di sapere cos’era la democrazia".

Si può azzardare un parallelismo tra quelle vacanze di guerra e queste dei nostri giorni imposte dal lock down?

"Eh, sì. Anche noi avevamo fame di riconquistare le amicizie con i nostri coetanei. Come i ragazzi di oggi chiusi in casa per evitare il contagio, noi eravamo chiusi in casa per paura dei bombardamenti. E poi c’erano tanti soldati in giro e i nostri genitori non si fidavano a lasciarci andare per strada. Molte famiglie inoltre erano sfollate e con loro i nostri amici e compagni. Avevamo una grandissima voglia di riprendere a studiare, di incontrarci nuovamente, di commentare gli eventi straordinari che stavamo vivendo".