Civitanova, sacerdote condannato per tentato stupro e scagionato in appello

Don Elvio Re arrestato nel 2013. "Il fatto non sussiste"

Simone Pillon

Simone Pillon

Civitanova, 21 aprile 2018 - Elvio Re, il prete di Giulianova (originario di Civitanova) prima arrestato e poi condannato con l’accusa di tentato stupro, è stato assolto «perché il fatto non sussiste». «È stata una trappola», dice ora il suo legale, l’avvocato-parlamentare Simone Pillon, ricordando che le donne che gli avrebbero teso un tranello sono entrambe detenute per altri reati. Sessantasette anni, il viceparroco di Maria Santissima Annunziata di Giulianova Lido (Teramo), originario di Civitanova, era stato arrestato nel settembre del 2013 con l’accusa di tentata violenza sessuale nei confronti di una cinquantenne, che sarebbe stata aggredita nella sua abitazione di Santa Maria degli Angeli, in provincia di Perugia. Il prete – secondo l’accusa – si sarebbe recato a casa della donna e, una volta entrato, si sarebbe lanciato su di lei strappandole vestiti, e biancheria intima.

Sarebbe stata poi la figlia ad allertare i carabinieri. Il sacerdote e la donna si conoscevano da tempo, dato che don Elvio Re aveva ospitato la figlia ventenne della donna nella propria parrocchia marchigiana (luogo di origine anche della vittima). La ragazza, in seguito, era tornata a casa in Umbria dalla madre, ma da quell’episodio era nata un’amicizia. L’episodio era avvenuto in quel contesto.

Dopo l’arresto, al parroco erano stati concessi gli arresti domiciliari in una struttura religiosa in provincia di Terni. Nel 2014 era arrivata la sentenza di primo grado: Don Elvio era stato condannato a due anni di reclusione dal gup, all’esito del processo con il rito abbreviato, nonostante anche in aula si fosse professato innocente. Poi l’appello proposto dagli avvocati Simone Pillon e Sara Napoleoni, entrambi difensori del sacerdote. Ieri mattina, lo stesso procuratore generale in udienza, Giuliano Mignini, ha sollecitato l’assoluzione dell’imputato. «Il nostro cliente è stato attirato in una trappola. Speriamo che con il tempo ritrovi la giusta serenità. Finora non ha potuto nemmeno celebrare la messa in pubblico», aggiunge, annunciando il ricorso per ingiusta detenzione. «Sentenze come queste ci ricordano che ciascuno di noi può essere vittima di errori giudiziari e perdere tutto quello che ha, lavoreremo affinché episodi come questo non si verifichino più».