Porto Recanati, una notte all'Hotel House tra gli invisibili / VIDEO

Il reportage nella 'città proibita'. Spacciatotori e consumatori, un via vai continuo. Appartamenti pignorati ma abitati, con porte sfondate. Nuovo blitz dei carabinieri

Hotel House di Porto Recanati (foto Calavita)

Hotel House di Porto Recanati (foto Calavita)

Porto Recanati (Macerata), 13 aprile 2018 - Gli spacciatori sono come fantasmi. Testa bassa, telefonino in mano, infilano la porta alla svelta e scivolano lungo i muri al buio, sotto il loggiato del cortile. «Eccone uno, va», drizza la testa Mustafa, senegalese che non ha paura di niente, portiere all’Hotel House, finché lo pagavano. «Ora portiere volontario», dice lui, che con un bel gruppetto di coraggiosi s’è messo in testa di ripulire quel posto, costi quel che costi. La nostra notte all’Hotel House comincia con un disperato che aspetta in auto fuori dal cancello. La dose d’eroina è pronta. Un paio di minuti e il pakistano col giubbotto fila alla svelta su per le scale dopo la consegna. Lui sale, un altro scende. Pakistano, spacciatore. 

È notte, ma per gli affari non c’è ora, e dopo le 23 c’è ancora mercato nella ‘piazza’ che non dorme mai (VIDEO), neanche il mercoledì. Eroina a trenta euro a dose o giù di lì, e una batteria di una cinquantina di pusher divisi in gruppetti da dieci che lavorano quasi in regime di monopolio con la materia prima che sgorga a fiumi dalla madrepatria. Un capo e sotto i manovali, la bella vita si fa anche così, uscendo ed entrando dalla galera con le porte girevoli. Pakistani sì, ma anche tunisini e nigeriani. Finché la tregua regge.

Poco più di un mese fa se le sono date, perché anche una ‘piazza’ come questa può stare stretta. Due pakistani all’ospedale, dall’altra parte secondo le indagini c’erano almeno quindici tunisini con coltelli, bastoni e catene. Tra eroina, coca, erba e pasticche varie può succedere. Dicesi regolamento di conti. Come tanti nella storia (recente) di questo palazzone decaduto, che ora incrocia anche il mistero di ossa umane senza nome trovate in un pozzo dell’orrore.

Doveva essere un residence di lusso, è diventato un ghetto per stranieri: 16 piani, 480 appartamenti da 60 metri quadri con la moquette verdina o grigio topo impilati su tre ali come scatole di sardine, 32 etnie, una ventina di italiani, 400 minorenni, duemila residenti regolari, irregolari chissà. Più ci si inerpica su per le scale e meno le luci funzionano. I sei ascensori sono tutti a terra, guasti.

«Li sfasciavano in continuazione – taglia corto Mustafa – perché così per salire su i carabinieri o la polizia dovevano fare le scale, e hai voglia ad arrivare». Poi anche i soldi per ripararli sono finiti, e con i debiti (un milione di euro e anche più) del condominio è andato alla malora tutto, portineria, acqua e manutenzioni. Ognuno per sé, Dio per tutti. E chi vuol pagare paghi.    Un'ottantina di appartamenti sono stati pignorati. Sulle porte grigie di legno sono appiccicate le notifiche del Comune. È il conto dei lavori all’impianto anticendio, 100mila euro. Vai a trovarli, i proprietari. Bell’impresa, tra porte sprangate, catenacci, lucchetti, finestre sfasciate e case occupate. Ce n’è almeno una per piano, se basta. Al tredicesimo in tre dormono in un paio di materassi raccattati chissà dove e buttati per terra tra sporcizia e cartacce in quella che una volta era una camera. «Via di qua», sbraita Mustafa. «Domani, domani», implora un tizio, un altro sbuca dal bagno.

Il domicilio di fortuna dura il tempo di una notte. Li svegliano i carabinieri all’alba: magrebini, abusivi in un appartamento sotto sequestro. Denunciati. Ieri mattina sono finiti nelle maglie del maxi blitz eseguito dai carabinieri con l’elicottero. Il palazzone ancora al setaccio da capo a piedi: tre piani più su, al sedicesimo, la porta di un appartamento occupato non era neanche sprangata. Era la tana di sbandati e spacciatori: dentro resti di droga e mannitolo. È l’Hotel House, bellezza.