Sindrome di Kleefstra, la mamma. "Aiutateci a curare la nostra piccola Cecilia"

Due anni e una malattia rarissima, l’appello della madre: "E' una bimba dolce, le piacciono i libri e ha un rapporto speciale con la sorellina"

La mamma con la piccola Cecilia

La mamma con la piccola Cecilia

Civitanova Marche, 11 novembre 2019 - La piccola Cecilia compirà due anni il 20 dicembre. È piccola, sì, ma molto forte, nonostante la terribile sindrome di Kleefstra che le è stata diagnosticata da poco, una patologia genetica rara, che in Italia conta appena 34 casi. La mamma, Chiara Di Stefano, di Civitanova, ha organizzato con l’associazione nazionale che si occupa della patologia una cena di beneficenza, in programma il 23 novembre alla «Casa de campo» di Montegranaro, con musica dal vivo e tombolata. Per quanti volessero contribuire, anche a distanza, ecco l’Iban per le donazioni: IT91V0533612000000030533577.

Leggi anche "Kleefstra, sindrome da incubo. Ecco i sintomi, la regressione è terribile"

Di Stefano, quanti casi ci sono in Italia della sindrome di Kleefstra? «Soltanto 34, Cecilia è stato il 32esimo diagnosticato. Per spiegarci quanto questa malattia sia rara, i medici ci hanno fatto un esempio, dicendo che è più probabile vincere 120 milioni al SuperEnalotto che avere una figlia con questo tipo di patologia».

Quando l’avete scoperta? «La diagnosi è stata fatta a luglio, dopo un anno e mezzo di tentativi. Dopo la prima settimana dalla nascita, la bimba è calata di peso e nei primi mesi già ci siamo accorti che qualcosa non andava. Inizialmente, nel marzo del 2018, avevamo avuto una diagnosi sbagliata. Ci avevano detto che aveva la delezione del cromosoma 14, altra patologia genetica rara. Presto però ci siamo resi conto, insieme con il nostro pediatra, Agnese Biritognolo, che qualcosa non tornava: molti aspetti della patologia non coincidevano con la diagnosi. Così ci siamo rimessi in moto».

Che cosa si nota? «I tratti del viso sono simili a quelli che si hanno con la sindrome di down, poi Cecilia è ipermetrope. Ma soprattutto era assente, faceva rigurgiti importanti e poi diventava scura in volto, aveva e ha disturbi del sonno e dell’alimentazione, e poi c’è l’iperattività, che si accompagna all’ipotonia, oltre che negli arti (muoversi in modo sconclusionato) anche interna (nella bocca e nell’intestino). Abbiamo girato l’Italia in lungo e in largo, siamo stati diverse volte a Roma, poi ad Ancona e infine Firenze. A settembre dell’anno scorso abbiamo deciso di affidarci al Meyer e di rifare tutti gli esami, che sono stati lunghi e approfonditi. E così, finalmente, dopo un anno e mezzo di incertezza totale, siamo riusciti a sapere quale fosse la patologia. Poterla chiamare con un nome e cognome per noi è stato fondamentale. Ci siamo tranquillizzati, per quanto sia possibile dire così».

Poi, inaspettata, l’emozione di vederla camminare? «Sì, l’altro giorno Cecilia ha mosso i primi passi da sola, ed è stato un sollievo, oltre che una notizia meravigliosa, anche considerando che alla prima diagnosi, quella sbagliata, i medici ci avevano detto che forse non si sarebbe mai alzata dal letto. Oltre alle terapie pisco-motorie, stiamo procedendo con la logopedia».

Come si svolge ora la vostra vita quotidiana? «Di norma la bimba non riesce a stare ferma, è iperattiva. Difficile che riesca a guardare un cartone animato, a meno che non duri poco. Abbiamo capito invece che le piacciono molto i libri, li sfoglia, ci passa tempo. Le difficoltà sorgono specie quando non ha nulla da fare, comincia a muovere le mani in modo strano, e allora le diciamo di andare a lavarsi le manine, per indirizzare in qualche modo quel movimento».

Come si relaziona con voi genitori e con gli altri bimbi? «È affettuosa, ma fino a un certo punto. Saluta tutti, educatamente, ma non ama baci e abbracci.

Questo vi ha fatto soffrire? «Un po’, specialmente nel confronto con la sorella, che è di 18 mesi più grande ed è molto affettuosa».

E com’è Cecilia con la sorellina? «Il loro è un mondo a parte. Con lei è del tutto diversa, la segue, la tocca, la abbraccia e la bacia, la imita o tenta di imitarla in tutto. Cecilia la adora. Infatti la prima parola che ha pronunciato, subito dopo ‘mamma’, è stata quella, completamente storpiata, del nome della sorella».

Quanto è impegnativo prendersi cura di Cecilia? «Molto. Io e il mio compagno lavoriamo entrambi e abbiamo una persona che ci aiuta. È una vita piuttosto complicata. Ma se non avessimo avuto l’associazione di riferimento, guidata da Mariella Priano e composta da altre famiglie con figli con la stessa sindrome, saremmo stati molto più in difficoltà. La prima conferenza in Italia sul tema si è svolta a ottobre sul lago di Garda, e ha partecipato la dottoressa Kleefstra, che ha scoperto e dato il nome alla patologia. È stata utilissima».

State organizzando una cena di beneficenza. A cosa serviranno i soldi che riceverete? «La raccolta di fondi serve ad aiutare il più possibile la ricerca su questa sindrome, ancora molto sconosciuta ai più, e cercare di sviluppare un farmaco sicuro. Se raccoglieremo più fondi del necessario, li daremo alle famiglie dell’associazione più in difficoltà. Vorremo organizzare anche delle giornate aperte con i medici, è importante che i genitori abbiano informazioni precise e sappiano anche come comportarsi».